Il Vangelo
con gli occhi
di Santa Teresa


E' soprattutto il Vangelo che mi intrattiene durante le orazioni,
in esso trovo tutto ciò che è necessario alla mia povera piccola anima.
Vi scopro sempre nuove luci, significati nascosti e misteriosi.


SOLENNITA' DI NOSTRO SIGNORE GESU' CRISTO, RE DELL'UNIVERSO

Gv 18, 33-37
Riconosci nella Croce di Cristo il segno dell'amore di Dio per te?

La Tua gloria, Signore, è nascosta!

Nel dialogo tra Gesù e Pilato, che leggiamo nel Vangelo di oggi, costatiamo che le affermazioni di entrambi “viaggiano” su binari paralleli, che non si toccano affatto. L’idea che Pilato ha della regalità è completamente opposta rispetto a quella che Gesù ha insegnato e vissuto durante tutta la sua vita terrena. La logica della regalità di Gesù, infatti, è in contrasto con la nostra. A causa dei nostri “schemi” di pensiero, siamo portati a pensare ad un re come a qualcuno che combatte, difende, comanda, governa …

La docilità con la quale Gesù vive gli ultimi eventi della sua vita, compresi i più tragici, ci sconvolge! La Sua decisione e la Sua perseveranza nel portare a compimento il progetto di salvezza di Dio che Egli è venuto a compiere nel mondo, traspaiono da ogni Sua parola, ogni gesto e ogni silenzio. Con grande amore e abbandono Gesù accoglie e permette che si riversino su di Lui le sofferenze del tradimento, dei rinnegamenti, della cattura, della flagellazione, della salita al calvario, della crocifissione …!

Santa Teresa, nel suo percorso di maturazione spirituale, si è lasciata toccare pienamente dal mistero della Passione di Gesù, al punto da desiderare di unirsi a questo mistero anche con il suo nome di carmelitana e chiamarsi suor Teresa di Gesù Bambino del Volto Santo. Nel contemplare quel Volto, Santa Teresa aveva visto in esso la sofferenza di molte persone a lei care. Tutti questi esempi di accoglienza della sofferenza nell’amore e nel pieno abbandono, pur nella fatica, la riportavano continuamente al Volto Santo sfigurato del nostro Salvatore. Allora, la nostra Maestra spirituale aveva compreso che la “vera gloria” non è quella che appare agli occhi degli uomini, ma è quella che si nasconde nella sofferenza accettata e accolta per amore, nel sacrificio silenzioso e quotidiano, fatto per la salvezza delle anime e unito alla Passione di Cristo stesso.

È sulla croce che Gesù riceve la Sua "consacrazione" come re! Quello scandalo dal quale noi vorremmo distogliere gli occhi, contiene la verità più grande che possiamo raccontare su Dio: in Gesù, Dio si è fatto servo di tutti, anche dell’ultimo uomo, che vive nell’angolo più sperduto della terra … Dio è l’Unico che non spadroneggia su di noi, non ci tratta da sottomessi, peggio ancora, da burattini, ma Egli agisce come un re pieno d'amore, come un Padre che rispetta la nostra libertà. Il nostro Re, Dio, ci guarda negli occhi e, al prezzo di terribili sofferenze e del dono totale della Sua vita, ci insegna una delle verità più profonde che appartiene a ciascuno di noi in quanto uomini, creati ad immagine Sua: regnare significa amare fino in fondo!

Questa verità l’abbiamo già sperimentata e la sperimentiamo tutte le volte che mettiamo da parte la nostra persona, i nostri bisogni, e i nostri desideri personali, anche se ci costa, perché un fratello, una sorella, un genitore, un figlio, un amico, una qualunque persona aveva bisogno di noi. Forse ci siamo trascurati, forse abbiamo lavorato in silenzio … Ogni volta che abbiamo amato così, abbiamo vissuto da veri “re” e “regine”, discepoli del vero Re dell’universo, perché, agendo in questo modo, abbiamo realmente portato nel nostro cuore e nella nostra vita la responsabilità di amare l’altro, mettendolo prima dei nostri interessi personali. In realtà, ogni volta che abbiamo agito così, abbiamo ascoltato la Voce del Signore in noi e l’abbiamo seguito sulla via dell'amore e della santità.

"Ho capito in cosa consisteva la vera gloria.
Colui il cui regno non è di questo mondo mi mostrò che la vera sapienza consiste nel "voler essere ignorati e considerati un nulla".
Manoscritto A 71 r

XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 13,24-32
Vedo i segni della presenza del regno di Dio nella mia anima?

Immutabile è l'Amore di Dio per ciascuno di noi!

Ci avviciniamo alla fine dell’anno liturgico. Il Vangelo di oggi ci propone delle immagini che potrebbero spaventarci, perché ci fanno pensare a qualcosa di cui non abbiamo esperienza: il momento del giudizio di Dio. L’intenzione di Gesù, però, non è quella di incutere paura ma, piuttosto, di suscitare, in coloro che ascoltano, un atteggiamento di apertura, di attesa, di vigilanza, di desiderio, di preparazione. Egli desidera che, pensando agli “ultimi tempi”, noi attendiamo la venuta del Figlio dell’Uomo. È come se il Signore dicesse: “Lasciate che la mia Parola diventi il vostro appoggio, la vostra consolazione, la vostra forza”!

Quando pensiamo agli eventi futuri che avverranno e di cui non abbiamo conoscenza, dove troviamo, infatti, un’autentica pace interiore se non nella Parola di Dio? Questa Parola è Gesù stesso, il Verbo fatto carne, che è venuto a rivelarci il progetto d’amore e di salvezza di Dio Padre per tutti gli uomini! Nella potenza e nella gloria della Croce e della Resurrezione, abbiamo visto la grandezza e la forza dell’Amore di Dio. Di che cosa dovremmo avere paura? Dio vuole la nostra felicità, Dio vuole salvarci!

Santa Teresa medita nella preghiera su questo e su altri passi evangelici che parlano della “fine dei tempi”. Questo brano, in particolare, la illumina su quello che sua sorella Celina vive spiritualmente e la aiuta a rispondere alle sue inquietudini. Quello che sta a cuore a Santa Teresa, è che sua sorella, e noi come lei, sappiamo riconoscere che il Regno di Dio è più vicino di quanto immaginiamo. È nel più profondo della nostra anima che dobbiamo scorgere i primi germogli del Regno.

Viviamo ogni giorno situazioni di “sconvolgimento” nella nostra vita. Ci troviamo quotidianamente davanti alla costatazione che tante cose che sembravano degli indistruttibili punti di riferimento, “punti fermi”, crollano intorno a noi: dalla natura al mondo politico e sociale, per giungere, poi, alle nostre amicizie, e infine a noi stessi … Quando tutto il resto crolla, però, l’unica cosa che resta è proprio la Parola di Dio viva, vera, efficace, che “non passerà mai”. Ciò che resta immutabile è l’Amore di Dio per ciascuno di noi.

È Lui, il Signore, l’unica Parola di salvezza pronunciata dal Padre per noi da sempre. L’unico pilastro che si rivela proprio nel bel mezzo dei più grandi disastri che possiamo attraversare è il Signore! Egli non ci spiega sempre il senso di quanto ci accade, perché forse non sempre siamo pronti a comprenderlo, ma attraversa con noi ogni nostra difficoltà, ogni sofferenza, ogni solitudine …

Con la sua breve ma intensa esistenza, santa Teresa ci insegna a saper riconoscere e accogliere il Signore nel nostro quotidiano, per prepararci, fin dal nostro momento presente, al momento più importante della nostra vita, quello dell’incontro con Lui. Piuttosto che attendere qualcosa o attendere che accadano degli eventi, noi attendiamo Qualcuno, Cristo stesso. I sentimenti che devono riempire il nostro cuore sono, perciò, la speranza, la fiducia e l'abbandono. Di conseguenza, il nostro sguardo interiore deve essere carico della sapienza dello Spirito Santo, allenato, perciò, a cogliere i segni che indicano fin d’ora l’agire del Signore.

Sentiamoci chiamati, personalmente dal Signore a prenderci cura di quei teneri germogli che vediamo nascere in noi, negli altri, nel mondo: il Signore ce li affida come una vera e propria missione nella quale Egli vuole che collaboriamo con Lui.

"Dopo aver letto la tua lettera, sono andata all'orazione: prendendo il vangelo ho chiesto a Gesù di suggerirmi un passo per te ed ecco quel che ho trovato: "Considerate il fico e gli altri alberi; quando cominciano ad avere delle foglie tenere, voi giudicate che l'estate è vicina; così pure quando vedrete avvenire queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino" (...) In effetti "queste cose" che avvengono nell'anima della mia Celina provano che il regno di Gesù è stabilito nella sua anima ..."

Lettera a Celina 143

XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 12, 35-44
Mi fido di Dio al punto da farmi povero per ricevere tutto da Lui?

Lasciamoci "sfogliare" dall'Amore!

Il brano evangelico di questa domenica è ambientato nel tempio di Gerusalemme. Gesù è seduto insieme ai discepoli di fronte al tesoro del tempio e osserva quello che le persone fanno. Le persone ricche gettano molte monete nel tesoro del tempio: evidentemente esse possiedono così tanti beni, che offrire qualcosa al tempio non gli costa niente o gli costa poco.

La vedova povera, invece, attira subito l’attenzione e l’ammirazione di Gesù. Pur trovandosi, infatti, in una condizione di estremo bisogno materiale, questa donna offre le sue uniche due monete: tutto quello che ha per vivere! La vedova povera rimette la sua vita in mano a Dio con una tale fiducia e un tale abbandono, da suscitare l’ammirazione di Gesù, che la porta come esempio per i suoi discepoli. La donna del Vangelo non aveva niente da perdere, perché, nella sua vita, aveva già perso tutte le certezze, tutte le sue sicurezze, le era rimasto soltanto Dio, l’amore e la fiducia in Lui.

Nel maggio 1897, verso la fine della sua vita, Santa Teresa scrive una poesia che riflette la profondità del suo cammino di fede. In questi versi, Ella paragona se stessa ad una rosa sfogliata. Santa Teresa, ad immagine di questa rosa, ha speso tutta la sua vita per Gesù, ha offerto tutta se stessa. Giorno dopo giorno, la giovane carmelitana ha amato Gesù, donandosi a Lui, “petalo dopo petalo”, offrendosi totalmente a Lui per ricambiare il Suo amore. Una vita vissuta nell’amore per Dio trova il suo compimento nel pieno abbandono a Lui.

La rosa, infatti, è un fiore bellissimo. Esso viene offerto per adornare le feste e le diverse cerimonie. Tuttavia, la rosa sfogliata, non ha bellezza, non ha profumo, non ha niente per poter piacere agli uomini e allora viene “gettata semplicemente al vento”, come scrive Santa Teresa. Questa metafora ci ricorda la Passione di Cristo, secondo quanto afferma San Paolo nella lettera ai Filippesi: “Cristo Gesù, pur essendo di natura divina non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio ma spogliò se stesso…” (Fil 2,6)

Come una “rosa sfogliata”, anche Santa Teresa dona tutto, offrendo il suo “niente” nella sofferenza e nella malattia. Dopo aver vissuto offrendo ogni battito del cuore a Gesù, ora vuole morire per Lui, unicamente per ricambiare il Suo amore con tutta se stessa.

Non si somigliano, forse, queste due donne, la vedova povera del Vangelo e santa Teresa?

Dare tutto a Dio, offrirgli tutta la nostra vita, ci può sembrare una “cosa da pazzi”, è una follia di cui possiamo pensare che siano capaci soltanto i santi … Non è così! …
Non diciamo anche noi, talvolta, che siamo pronti a fare pazzie per le persone che amiamo? Ciascuno di noi è chiamato ad amare fino a lasciarsi “sfogliare”, spogliare, dall’Amore! Non lasciamoci vincere dalla tentazione di pensare che stiamo facendo il nostro dovere, come facevano gli scribi. Facciamoci piccoli e “poveri”, perché i poveri sono proprio quelli che non hanno nulla e sono desiderosi di donarsi completamente e di ricevere tutto. 

"Questa rosa sfogliata è l'immagine fedele (...) del cuore indiviso che vuole immolarsi per Te in ogni istante. Signore, sui tuoi altari, più di una rosa fresca ama brillare: e a te si dona ... ma io sogno un'altra cosa: voglio sfogliarmi! La rosa nel suo splendore può abbellire la festa (...) ma la rosa sfogliata, uno la getta semplicemente al vento. (...) Nello sfogliarmi voglio mostrare che ti amo, o mio Tesoro!"

Dalla Poesia 51

XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 12,28-34
Il Signore mi domanda di amare con tutto il mio cuore … Per quanto mi riguarda, che cosa desidero donarGli? Gli dono tutto?

Signore Gesù, il Tuo Amore cresce con me!

La religiosità del popolo ebraico, ai tempi di Gesù, si snodava in tantissimi piccoli precetti da compiere. Lo scriba, di cui si parla nel Vangelo di oggi, si avvicina, perciò, al Maestro con una domanda che rivela la sete di una vita di fede autentica da parte di quest’uomo: “Qual è, in mezzo a questa moltitudine di precetti, quello che li racchiude tutti?”. E Gesù, ben sapendo che lo scriba gli pone un interrogativo di grande valore, gli risponde subito, andando anche oltre le aspettative del Suo interlocutore.

Il Maestro gli fa comprendere che l’unico precetto veramente essenziale è quello dell’amore. L’amore è, infatti, al centro di ogni relazione: con Dio, con se stessi, con gli altri, con la creazione. Non c’è limite nella possibilità di amare perché l’amore cresce con noi.
Nella formulazione del Libro del Deuteronomio, il precetto fondamentale dell’amore di Dio era sempre preceduto, da un imperativo altrettanto fondamentale: “Ascolta, Israele!”.

Fin da bambini, gli ebrei si abituavano ad ascoltare il racconto delle meraviglie che il Signore aveva fatto per il loro popolo. Questo racconto generava negli Israeliti sentimenti di riconoscenza, gratitudine e amore verso Dio. Questo invito: “Ascolta!”, li riportava continuamente al cuore della loro fede e permetteva loro di crescere nell’amore per il Signore. I loro figli imparavano, crescendo, ad entrare sempre di più in profondità nella capacità di mettersi in ascolto del Signore, che parlava loro, attraverso la storia di salvezza e di liberazione del popolo di Israele.

Gesù rivolge questo imperativo, “Ascolta!”, allo scriba, ma Egli lo rivolge anche a noi oggi.
Anche noi, infatti, dobbiamo imparare a rispondere generosamente all’amore che il Signore ha riversato nella nostra vita, proprio partendo dal sentirci amati da Lui profondamente e fino in fondo.

Santa Teresa guardava spesso alla sua storia passata per scorgervi gli innumerevoli segni della presenza e dell’agire di Dio e questo le riempiva il cuore di fiducia in Lui. Se, nella preghiera e nel dialogo interiore con il Signore, sappiamo “ascoltarLo”, allora scopriremo che, per quanti angoli bui ci possano essere nella nostra storia, essi sono, tuttavia, illuminati dalla presenza Sua. Capiremo che Egli c’è stato sempre, anche quando non lo vedevamo, e che Egli si preoccupa di curare ogni dettaglio.

Oggi, allora, approfittiamo del tempo che viviamo, cogliamo ogni istante, e riempiamolo di atti d’amore e di riconoscenza. Istante dopo istante, anche noi dovremmo poter dire, come Santa Teresa: “Signore, il Tuo amore è cresciuto con me”. La nostra Santa, pur conoscendo la propria incostanza e la propria fragilità, non si arrendeva mai e spendeva tutte le sue energie nel vivere bene il momento presente. È questa, infatti, l’unica occasione nella quale possiamo scegliere di impegnarci ad amare: il nostro presente.

Attimo dopo attimo, facendo esperienza della nostra povertà e della nostra incostanza, diveniamo consapevoli che l’unica vera Sorgente dell’Amore a cui possiamo attingere è la Santissima Trinità. “Con tutto il tuo cuore e la tua anima, con tutta la tua mente e la tua forza”: queste parole vogliono dire semplicemente che devi offrirti all’amore così come sei, donandoti completamente e gratuitamente. Tu impari ad amare amando la sorella o il fratello, che ti chiede aiuto, ascolto, attenzione … Forse ci sembrerà che il Signore ci sta chiedendo troppo, ma, in realtà Egli ci sta chiedendo soltanto ciò di cui siamo capaci nel momento presente. Siamo sempre in cammino e il Signore continua a plasmarci passo dopo passo, ad ogni “Si” che noi gli doniamo.

"O mio Dio ... il tuo amore mi ha prevenuta fin dall'infanzia,
è cresciuto con me, e ora è un abisso del quale non riesco a sondare la profondità".

Manoscritto C 35r

"La mia vita non è che un istante, un'ora che passa, la mia vita non è che un solo giorno che svanisce e fugge. Tu lo sai, o mio Dio, per amarti sulla terra non ho altro che l'oggi!"
Poesia 5,1

XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 10,46-52
Quale esperienza ho della preghiera? Quali sono i momenti in cui cerco il Signore?

Signore Gesù, abbi pietà di noi!

Quando leggiamo la Parola di Dio, ci soffermiamo sul suo significato e cerchiamo di comprenderne il messaggio. Talvolta, però, ci accostiamo ad essa in modo superficiale, forse un po’ frettoloso. Spesso, ci rapportiamo alla Parola solo in modo parziale e incompleto. Proviamo, invece, ad entrarvi anche attraverso i sensi e, oggi in modo particolare, attraverso la vista e l’udito. Gli episodi raccontati nel Vangelo, spesso, si verificano in mezzo al chiasso della folla, nei rumori della strada, nel vociare della gente.

Nell’episodio di oggi, ad esempio, l’evangelista Marco ci dice brevemente che Gesù era stato a Gerico e che stava andando via di lì, insieme ai suoi discepoli e a molta folla. Egli, probabilmente, aveva operato delle guarigioni. Sicuramente, in quella città la gente lo aveva accolto con benevolenza e con fede. La molta folla che Lo segue, infatti, ne è un segno evidente. Nel racconto dell’evangelista, udiamo le grida continue, forti, insistenti di Bartimeo: un mendicante cieco che vuole attirare l’attenzione di Gesù sulla sua triste sorte. L’insistenza di quest’uomo, spinto dalla fede, è ricompensata. Gesù, dopo aver ascoltato la sua richiesta, lo guarisce subito e Bartimeo è libero di seguirlo insieme agli altri. Non facciamo forse, anche noi, la stessa esperienza del cieco di Gerico?

Alcune parole di Santa Teresa sulla preghiera si addicono bene a questo episodio e ci aiutano ad andare più in profondità. La nostra Santa parla della preghiera come di “uno slancio del cuore, uno sguardo gettato verso il Cielo, un grido …” Se ci soffermiamo sui movimenti, i gesti e lo stato d’animo di Bartimeo, possiamo vedere ciò che accade in lui e ciò che accade in noi. Il cieco si accorge che Gesù sta arrivando e, dal profondo della sua situazione di handicap e di sofferenza, fa sgorgare un grido che viene dal cuore! La preghiera è, dunque, “un grido di riconoscenza e di amore, nella prova come nella gioia”, come dice Santa Teresa.

Quando viviamo queste situazioni, spesso anche noi siamo “ciechi”, nel senso che non vediamo la realtà nella quale ci troviamo in tutta la sua completezza, ma la percepiamo solo dal nostro punto di vista limitato. Anche Santa Teresa era immersa nella sofferenza, quando scriveva queste parole e la sua preghiera, in quel momento della sua vita, era un continuo grido d’amore del cuore verso il Signore. Il cieco, poi, balza in piedi, esce dall’immobilità in cui si trovava, a causa della sua situazione e getta il mantello.

La preghiera è, allora, uno “slancio del cuore”, che coinvolge tutta la persona, come fa Bartimeo: il proprio corpo, le facoltà, i desideri sono, perciò, rivolti verso il Signore.
Facciamo memoria delle situazioni che abbiamo vissuto anche noi.

Ogni volta che abbiamo deciso di prendere in mano la nostra vita e chiedere a Dio il coraggio e la forza di percorrere la nostra strada con Lui, ci siamo messi in movimento. In quei momenti ci siamo sentiti allora incoraggiati, pur non vedendo la meta, perché abbiamo percepito la presenza del Signore accanto a noi. La preghiera, infine, è “uno sguardo lanciato verso il Cielo”. Bartimeo era cieco, ma aveva sviluppato e fatto crescere dentro di sé lo sguardo della fede.

La preghiera autentica nasce dal profondo del nostro cuore. Se noi riconosciamo la presenza del Signore e la salvezza che ci è necessaria e che può venire soltanto da Lui, allora, ci rivolgiamo a Lui con tutto il nostro essere, soprattutto nelle situazioni più difficili, ma senza escludere quelle più banali o quelle che viviamo nella nostra vita quotidiana. La nostra anima grida a Dio il proprio bisogno della Sua presenza, del Suo aiuto, come dice anche il salmista: “dal profondo a te grido, o Signore”.

Questo grido, tuttavia, non è un grido di disperazione, ma esprime una speranza e una fede maturate nella prova; questo grido esprime il desiderio e la consapevolezza di poter toccare il cuore di Dio, che ci ama e conosce le nostre necessità, prima ancora che noi ne prendiamo consapevolezza. Proprio nel momento in cui la preghiera diventa una richiesta di aiuto, essa diviene autentica, se contiene in sé il desiderio di unirsi al Signore, di seguirLo lì dove Egli vorrà condurci.

Siamo invitati ad essere pronti anche noi, come Bartimeo a lasciare il mantello delle nostre sicurezze per unirci profondamente e ciecamente alla Sua volontà di amore per ciascuno di noi. 

"Per me, la preghiera è uno slancio del cuore,
è un semplice sguardo lanciato verso il Cielo, è un grido di riconoscenza e di amore nella prova come nella gioia; insomma è qualcosa di grande, di soprannaturale, che mi dilata l'anima e mi unisce a Gesù".


Manoscritto C 25v

XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 10,35-43
In che modo, concretamente, mi metto al servizio degli altri nel quotidiano seguendo l’esempio di Gesù?

Se vogliamo essere "i primi", impariamo a servire!

La Parola del Vangelo, che la liturgia ci offre in questa domenica, è molto esigente. Nei versetti immediatamente precedenti a questo brano, l’evangelista Marco riporta il terzo annuncio della passione, morte e resurrezione da parte di Gesù. Sembra che i discepoli non solo non comprendano le parole del Maestro, ma siano anche completamente distanti da Lui nei loro ragionamenti.

La richiesta di Giacomo e Giovanni, infatti, mira esclusivamente ad ottenere i “primi posti” nel Regno di Dio. Gesù non rifiuta questa richiesta, ma li invita a riflettere sulle loro scelte; i “primi posti”, infatti, appartengono a coloro che saranno pronti ad offrire se stessi nell’estremo servizio dell’amore, che esige il sacrificio di sé, fino a dare la vita. Con le Sue parole, Gesù spiega la Missione salvifica del Figlio di Dio nel mondo. Egli allarga l’orizzonte ristretto degli apostoli Giacomo e Giovanni, le cui idee, inoltre, avevano reso invidiosi anche gli altri.

Santa Teresa riflette su questo momento della vita dei discepoli e ci fa comprendere che la via dell’amore non è fatta “di riposo, dolcezze e consolazioni”, al contrario, essa consiste nell’essere crocifissi con Gesù per poi risorgere con Lui, è condividere le Sue umiliazioni e sofferenze, per poi condividerne anche la gloria. È “bere il suo calice di amarezza”, in attesa di poterci dissetare con il vino della gioia nel Regno di Dio. Potremmo essere tentati di pensare che queste parole facciano riferimento ad episodi del passato, accaduti in una parte di storia ormai lontana da noi, ma la fede ci conferma che pur se questo è vero e pur se gli eventi relativi alla vicenda storica di Gesù sono avvenuti duemila anni fa, possiamo partecipare alle sofferenze di Cristo anche oggi.

Prima di tutto, possiamo farlo vivendo nel dono di noi stessi le nostre croci quotidiane: queste possono essere piccole o grandi, ma ciascuno ha la propria, che è adattata a misura delle proprie forze, delle proprie capacità. Ciò che è essenziale, è viverle fino in fondo, “attraversarle” con tutta la fatica che questo comporta e farlo solo per amore, unendoci alla passione, morte e resurrezione di Cristo nella Santa Eucarestia, aiutati dalla Sua grazia. Cristo stesso, infatti, non ha scelto di venire tra noi per farsi servire, ma per essere Lui il primo ad insegnarci come si ama e come si servono gli altri, fino a dare la vita per tutti.

Sono tante le persone che conosciamo e che abbiamo visto vivere le proprie croci fino in fondo. Esse si donano senza pensare alle difficoltà o ai propri vantaggi. Essi vivono un amore vero e concreto che diventa visibile e tangibile, attraverso le loro esistenze, tutte donate alla famiglia, ai figli, agli amici, alle consorelle, ai confratelli, ai pazienti, agli abbandonati, agli esclusi, a tutti coloro che sono loro affidati …

Sono queste le persone che vivono la loro santità in un modo umile e nascosto e che, però, hanno il privilegio di essere le “preferite” da Dio. Sono quei “piccoli bambini” di cui parla Santa Teresa, ai quali appartiene davvero il Regno di Dio, come spesso ci insegna Gesù nel Vangelo. Il nostro posto, allora, è esattamente lì dove il Signore ci ha chiamato a vivere, nelle nostre rispettive vocazioni, giorno dopo giorno. L’unica cosa che conta è donare tutto con amore.

Nel Sacrificio Eucaristico della Messa, continuiamo ad offrire le nostre vite, rese preziose dalle nostre croci, offerte insieme a quella di Cristo. Uniamoci all’Offerta di Gesù, perché niente di quello che viviamo vada “sprecato”, ma tutto contribuisca alla salvezza delle anime, compresa la nostra. Chiediamo al Signore, per intercessione di Santa Teresa, che ci doni la forza e il coraggio di andare sempre fino in fondo alle nostre scelte di vita, non per forza, ma per amore! 


"Non crediate che seguire la via dell'amore è seguire una via di riposo tutta fatta di dolcezze e consolazioni. Ah! É tutto il contrario (...) É aspettarsi di condividere con Lui le sue umiliazioni, il suo calice
di amarezza"

CRM


"Io immagino che questi primi posti (...) apparterranno ai
piccoli bambini"

Consigli e Ricordi 47

XXVIII DOMENICA
DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 1, 12-15
Quali sono le ricchezze che custodisco
nel mio cuore? Che cosa mi impedisce di seguire il Signore in piena libertà?

DonarTi tutto, Signore, donarTi noi stessi!

Il Vangelo di oggi ci presenta un episodio della vita di Gesù, che ci è familiare: un uomo corre incontro al Maestro, portando nel cuore un desiderio molto importante, quello della vita eterna. Forse, però, quell’uomo è un po' prevenuto e va dietro alla propria idea di vita eterna e non a quella di Gesù, oppure è talmente abituato a vivere attaccato alle sue ricchezze da non riuscire ad immaginare un’esistenza senza di esse!

I dettagli che l’Evangelista Marco ci racconta sono fondamentali, per permetterci di comprendere i sentimenti di Gesù e quelli dell’uomo ricco. Gesù lo guarda e lo ama profondamente, perché vede in lui la bellezza di una vita vissuta nella fedeltà ai comandamenti di Dio. Gesù, che è il Figlio di Dio, conosce il suo cuore e, insieme alle sue potenzialità, vede anche le sue fragilità. Gesù lo ama, così com’è, e attende che egli vada fino in fondo nel suo cammino di fede e che si abbandoni totalmente a Lui, che gli chiede di lasciare tutto per seguirLo.

Viene voglia anche a noi di correre ai piedi di Gesù e fargli la stessa domanda dell’uomo ricco! In alcuni momenti della nostra esistenza, più che in altri, siamo insoddisfatti della vita che conduciamo, perché comprendiamo che potremmo dare di più e forse non ne abbiamo il coraggio o la forza. Allora, dobbiamo chiederci: Siamo pronti davvero a lasciare le nostre “ricchezze” per seguire Gesù? Oppure i nostri “attaccamenti terreni”, materiali e spirituali, ingombrano a tal punto il nostro cuore da non lasciarlo libero di vivere fino in fondo l’amore verso Dio e verso i fratelli?

La misura del dono di noi stessi è proprio l’amore ed è l’autenticità del nostro amore che determina la nostra disponibilità nel dono. Santa Teresa, a questo proposito, ci racconta, con semplicità e franchezza, il suo modo concreto di "vivere d’Amore". Per chi ama, dice la nostra amica Santa, non c'è altra via che quella di donare tutto e donare se stessi totalmente, perché quando si ama veramente non si fanno calcoli. Santa Teresa, infatti, ha sempre fissi gli occhi sullo sguardo di Gesù, dal quale si sente guardata con tenerezza, con amore. Ella non vuole fare altro che donarGli tutto. Anche nella sua esperienza, quindi, come nel Vangelo, è presente un incontro, un incrocio di “sguardi”.

La vicenda dell’uomo ricco nel Vangelo di oggi si conclude nella tristezza perché, anziché aprirsi al dono, l’uomo ricco sceglie di chiudersi in se stesso, a causa del suo attaccamento ai beni. Nell’esperienza di Santa Teresa, invece, è tutto il contrario. L’incontro di “sguardi” tra lei e Gesù, che è spirituale, ma non per questo meno reale, è aperto e pieno di gioia perché c’è reciprocità, perché Santa Teresa si apre sempre di più all’amore nella fiducia.

Lasciamo che lo sguardo di Gesù tocchi anche il nostro cuore … Cosa decidiamo di fare oggi? Resteremo chiusi nel nostro orgoglio e attaccati alle nostre “ricchezze false”, oppure sceglieremo di aprirci alla Grazia e lasciare che l’Amore del Signore riempia la nostra vita e la trasformi?

"Ah! Io dono senza contare perché sono ben certa che quando si ama non si fanno calcoli!... Al Cuore Divino, che straripa di tenerezza, io ho donato tutto ... corro leggera, non ho altro che la mia sola ricchezza: Vivere d'Amore”.

Poesia 17,5

XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 10, 2-16
Sono aperto e disposto ad accogliere ciò che il Signore vuole dirmi attraverso la Scrittura per il bene della mia anima?

Accogliamo il regno di Dio come bambini!

Le domande che i farisei pongono a Gesù sul matrimonio hanno come unico obiettivo quello di mettere alla prova il Maestro e di fargli pronunciare affermazioni che possano, in seguito, essere usate come capi d’accusa contro di Lui. È evidente che, in questo contesto, ai farisei non interessa l’essenza del matrimonio e il significato profondo dell’unione, benedetta da Dio, di un uomo e di una donna. Perfino i discepoli si lasciano prendere da questo discorso e continuano a fare domande a Gesù in un secondo momento, quando si trovano da soli con Lui. Allora, Gesù coglie l’occasione per affrontare l’argomento con maggiore profondità.

L’uomo e la donna, l’uno verso l’altra e viceversa, sono entrambi responsabili della promessa di fedeltà che hanno adempiuto davanti a Dio e insieme a Lui. L’essenza dell’unione matrimoniale non sta certamente nel preoccuparsi di distinguere le colpe dell’uno o dell’altra, ma di far crescere l’altro e di desiderare per lui o per lei il meglio. Dio ha affidato ad entrambi una vocazione altissima, quella di realizzare, con la Sua Grazia, una comunione d’amore per cui essi diventano una sola carne: amore che si concretizza nel riceversi e nel donarsi.

L’episodio conclusivo del Vangelo di oggi è di particolare importanza per comprendere ciò che sta alla base dell’amore autentico. Gesù abbraccia dei bambini e li pone come modelli di accoglienza del Regno di Dio. Dobbiamo riconoscere che c’è una similitudine tra il matrimonio e il Regno di Dio. Come si accoglie il Regno di Dio? … Come si accoglie l’amore e la vita dell’altro, dell’altra? …. Come un bambino…! Ci vengono in mente le parole della formula che i due sposi pronunciano durante il rito del matrimonio: “Io accolgo te! ...”. Il segreto di una relazione d’amore è il fidarsi dell’altro, l’accogliersi reciprocamente, rinunciare alle proprie difese, donarsi senza fare calcoli o fondarsi su “leggi” (se non quella di amare nella verità e gratuitamente) e far valere i propri diritti …

Allo stesso modo, il segreto dell’accoglienza del Regno è lo sguardo fiducioso di un bambino, di abbandonarsi totalmente nelle braccia di coloro dai quali si sente amato. Spesso viviamo anche noi da “farisei”, nel senso negativo del termine. Cerchiamo di conoscere semplicemente quali sono le “leggi” che dobbiamo rispettare, sia noi che gli altri e ci limitiamo ad osservare quelle o, peggio, pretendiamo che gli altri le osservino. Dobbiamo riconoscere, però, che un cristianesimo così è veramente frutto di una fede sterile e non compresa fino in fondo. A questo punto, dobbiamo davvero chiedere al Signore che ci metta nel cuore una sana inquietudine, che ci faccia uscire da questo fariseismo che non ha niente a che fare con l’amore insegnato da Gesù.

Santa Teresa, raccontando la sua esperienza personale, nel percorrere la “piccola via” della fiducia e dell’abbandono, ci fa comprendere che ci sono dei “segreti d’amore” che solo il Signore può insegnarci nel silenzio del nostro cuore. Giorno dopo giorno, esperienza dopo esperienza, dobbiamo essere aperti a cogliere i segni della presenza di Dio. Impareremo che dobbiamo coltivare in noi uno sguardo semplice e vero su noi stessi, sulle persone e la realtà che ci circonda. 

Siamo chiamati ad entrare anche noi, se il Signore ce ne dona la Grazia, in quella “schiera di piccole anime”, che sanno ricevere, nel proprio cuore “di bambini”, i segreti dell’amore di Dio. 
Cosa significa, allora, accogliere l’amore e accogliere il Regno di Dio? Prendere consapevolezza che non si tratta di realtà da conquistare. Occorre, infatti, saperle ricevere: mettersi nella disposizione del saper ricevere tutto da Dio e dagli altri ed essere senza difese, in una disposizione del cuore, pieno di fiducia e nel totale abbandono, proprio come le “piccole anime” di cui parla Santa Teresa, proprio come i bambini di cui parla il Vangelo!


"Ma perché desiderare di comunicare i tuoi segreti d'amore, o Gesù, non sei tu solo che me li hai insegnati e non puoi forse rivelarli ad altri? ... Si, lo so, e ti scongiuro di farlo, ti supplico di abbassare il tuo sguardo divino su un gran numero di piccole anime"
Manoscritto B5v

"Mi rallegro di essere piccola, poiché solo i bambini e quelli che sono come loro saranno ammessi al banchetto celeste".

Lettera 225


XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 9,38-43.45.47-48
In quali occasioni ho ferito qualcuno con le mie parole o azioni?

La sfida di amare come ci ama Dio!

La Parola del Vangelo di questa domenica ci provoca. È arduo comprendere fino in fondo il cuore dei fratelli, senza pregiudizi, senza il rischio di fraintenderli! Ma è inutile cercare le motivazioni che sono alla base delle azioni altrui, se ci lasciamo vincere dalla tentazione di crederci gli unici ad essere nel giusto! Se il nostro sguardo non è limpido, vedremo sempre e soltanto quello che vogliamo vedere, ma non scorgeremo la verità dell’altro.

Spesso, purtroppo, ci feriamo vicendevolmente, alziamo dei muri dentro le nostre relazioni. Ci dichiariamo aperti ad accogliere tutti e tutto, ma poi ci lasciamo vincere dalla gelosia, dall’invidia, dai giudizi affrettati. Eppure, l’altro, chiunque egli sia, è sempre un segno della presenza di Cristo. È il Signore stesso che, ogni volta, nella persona del fratello e della sorella, chiede di essere accolto in mezzo a noi. Ecco, a questo proposito, la riflessione di Santa Teresa: "Mi accorgevo che non amavo le Sorelle come le ama il Buon Dio”. Questa constatazione nasce in lei da un attento esame di se stessa. Potremmo chiederci anche noi: come guardo gli altri? Come li amo? 

L’amore di Dio è pronto ad accogliere e a ricompensare anche il più semplice gesto, fatto nel Suo Nome, come dare un bicchiere d’acqua ad un assetato. Ed io? Cosa faccio concretamente per il mio prossimo? Chi sono i “piccoli” di cui parla il Vangelo? Sono coloro che vivono la propria fede nella limpidezza e nella semplicità del dono, nella gioia dell’amore. Un “piccolo” è uno che crede in Gesù, che accoglie il Vangelo con docilità e apertura di cuore e che è pronto a mettersi a servizio di esso, così com’è, donando tutto se stesso!

Gesù, tuttavia, ci rimprovera, usando un linguaggio duro. Egli vuole farci comprendere che, così come siamo capaci di fare del bene, promuovere ed incoraggiare la crescita dell’altro nella fede e nella vita, allo stesso modo, abbiamo, purtroppo, il terribile potere di fare del male all’altro. Talvolta, con i nostri atteggiamenti sbagliati, impediamo agli altri di vivere la propria fede nella libertà dei figli di Dio, di essere se stessi e di sentirsi amati e accolti. Meglio per noi, dice il Vangelo, sopprimere le azioni con le quali abbiamo fatto o potremmo fare del male agli altri. È importante mortificare il nostro sguardo se esso non è capace di amare! 

Amare come ama Dio, come dice Santa Teresa, è educare ed allenare in noi uno sguardo d’amore che restituisca una vera libertà fratelli. È importante che abbiamo uno sguardo di verità verso di loro, fatto di riflessione, attenzione, delicatezza, apertura, rispetto, silenzio … Davanti ai propri fallimenti, alla propria incapacità, la nostra amica santa non cessa di formare il proprio cuore e il proprio sguardo alla scuola dell’amore di Dio. Santa Teresa sa che deve chiedere a Gesù stesso di vivere in lei e di amare le Sorelle in lei, perché da sola non ne sarebbe capace! Anche per noi vale lo stesso “segreto” della nostra Maestra spirituale. Abbiamo bisogno di invocare continuamente lo Spirito Santo, lo Spirito di Gesù, perché agisca dentro di noi e ci trasformi in veri discepoli Suoi, capaci di comunione e di essere veri testimoni del Maestro.

" ... ho capito quanto era imperfetto il mio amore per le sorelle: mi sono resa conto che non le amavo come le ama il Buon Dio"

"Signore, conosci meglio di me la mia debolezza, la mia imperfezione,
sai bene che mai potrei amare le sorelle come le ami tu, se tu stesso,
o mio Gesù, non le amassi ancora in me".


Manoscritto C 12v


XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 9,30-37
Quali pensieri o attitudini devo adottare per corrispondere allo
stile evangelico dei bambini
che desidera Gesù?

Scegliamo di essere i piccoli del Vangelo!

A volte facciamo una montagna di discorsi sterili. Perdiamo tempo dietro a cose inutili o senza importanza, mentre, davanti alla vita che scorre sotto i nostri occhi. A volte neghiamo la realtà … forse perché non comprendiamo, fino in fondo, ciò che sta accadendo, ciò che la vita ci sta chiedendo, forse perché pensiamo che non saremo in grado di affrontarlo, forse perché abbiamo paura …!

Alcune immagini del Vangelo sono metafore della nostra vita. Siamo come i discepoli: in cammino insieme a Gesù. Davanti ai nostri atteggiamenti e modi di fare o di pensare sbagliati, Egli interviene. A volte ci riprende con forza e fermezza, altre volte, invece, lo fa con estrema delicatezza, come nel Vangelo di oggi. In un primo momento, Gesù interroga i discepoli, perché prendano consapevolezza dei loro ragionamenti sbagliati e fuori luogo, poi li chiama a sé per donare loro uno degli insegnamenti più belli ed essenziali di tutto il Vangelo: la vera grandezza sta nel mettersi al servizio di tutti, come ha fatto Gesù stesso. “Servire è regnare”: questo è ben chiaro per i santi.

La comprensione del mistero della passione, morte e resurrezione di Gesù non è immediata. Questo mistero esige un percorso nella fede, deve penetrare nella nostra vita, nel nostro quotidiano. È nel giorno dopo giorno che dobbiamo vivere la “logica del servizio” reso ai fratelli nell’amore. È nella semplicità del quotidiano che dobbiamo esercitarci a restare umili tutte le volte che ci viene voglia di metterci al di sopra degli altri.

Nell’accettare la sfida quotidiana di mettersi a servizio delle sue Sorelle e di amare ciascuna di loro, pur con i loro limiti, Santa Teresa ha compreso l’insegnamento di Gesù ed ha imparato ad esercitarsi ogni giorno a vivere il Vangelo. Il regno di Dio appartiene ai piccoli, a coloro che non esaltano se stessi, ma spendono la propria vita nell’amore, fino al dono di sé, sull’esempio di Cristo.

Ridiventare bambini non vuol dire, allora, essere infantili, ma donarsi agli altri con la semplicità e il cuore di un bambino, che non ha desideri di grandezza, né pregiudizi sugli altri, ma che vuole soltanto amare ed essere amato. Ecco l’essenziale di ciò che ogni persona è chiamata a vivere pienamente e in verità. Questo è ciò che, con la “piccola via”, Teresa ci indica come il sentiero da percorrere. Nella logica consumistica del mondo in cui viviamo prevale la legge del più forte e la mentalità che ci vuole l’uno contro l’altro, in una continua competizione. La logica evangelica assume il punto di vista opposto: il Signore vuole che siamo presenti l’uno per l’altro, l’uno a servizio dell’altro, che siamo pronti a donare tutto noi stessi a tutti.



Voi lo sapete, Sorella cara: Servire il nostro Dio, è per noi regnare.
Il Dolce Salvatore, durante la sua vita non cessava di insegnarcelo: "Se nella Patria Celeste voi volete essere i primi, dovrete nascondervi per tutta la vostra vita.. essere gli ultimi".

Poesia 10,6

”Amare è dare tutto e donare se stessi”
Poesia 54,22

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 8,27-35
Chi è Gesù per me?
Scelgo di trovare il tempo per soffermarmi su questa domanda ...

Chi sei, Gesù, per me?

Chi sei, Gesù? … Non per gli altri, non per i miei amici, non per la mia famiglia, non per le altre persone… ma per me. Chi sei, Gesù, per me? … Ciascuno di noi dovrebbe soffermarsi in silenzio e a lungo su questa domanda e lasciarsi toccare profondamente da essa. Probabilmente, nelle varie tappe della vita, abbiamo trovato o troveremo delle risposte diverse … Siamo chiamati ogni giorno, infatti, a scoprire, sempre di nuovo e in ogni avvenimento, il Volto di Dio che si è fatto uomo per noi nella Persona di Gesù. 

È fondamentale entrare nella relazione con Gesù, attraverso la preghiera quotidiana, che deve essere semplice e autentica, attraverso l’ascolto della Sua Parola, che è diretta in modo unico a ciascuno, attraverso i Sacramenti, con i quali Egli stesso, per opera dello Spirito Santo e del Padre, prende dimora in noi e ci permette di dimorare in Lui.

Probabilmente, se pure fossimo dei grandi teologi, comprenderemmo ancora molto poco il mistero infinito di Dio. L'essenziale, infatti, non è la comprensione, ma l’amore perché l’amore non sempre si può spiegare: l’amore si deve vivere e accogliere! Potremmo trasformare la domanda iniziale a proposito di Gesù e potremmo approfondirla, chiedendoci: Quanto di me stesso sono disposto a donare e offrire per la mia relazione con Te, Signore? …

La parte conclusiva del brano evangelico di oggi termina con l’invito di Gesù a prendere la propria croce, a seguirLo e a vivere a servizio del Vangelo. Ma chi può chiederci di prendere la croce e seguirLo se non il Figlio di Dio che si è lasciato crocifiggere per noi? L’Amore “folle” di Dio, tale da voler offrire se stesso per salvarci, a volte ci spaventa, come capita a San Pietro nel Vangelo di oggi. Altre volte ce ne sentiamo attratti e vorremmo anche noi ricambiarlo. Queste reazioni diverse nascono dalle contraddizioni che ci portiamo nel cuore e dalle paure che ci impediscono di donarci a Dio nella piena libertà. A volte, pur desiderando corrispondere a questo Amore, temiamo di non esserne all’altezza e pensiamo di trovare sulla nostra strada una croce troppo grande da portare.

Nel raccontare la sua storia e riflettendo sulle numerose prove che aveva attraversato fin da piccola, Santa Teresa afferma che sarebbe stata disposta anche ad “attraversare le fiamme”, pur di essere fedele alla chiamata del Signore! Pensiamo alle nostre relazioni: quando scegliamo di amare sul serio e fino in fondo qualcuno, siamo disposti a fare qualunque cosa per lui o per lei! Siamo capaci di superare tutte le contraddizioni, i timori, le paure e di prendere delle risoluzioni forti, proprio come decide di fare Santa Teresa.

Gesù attende da noi questa scelta, questa radicalità, ciascuno secondo il proprio stato di vita: la scelta di donare la nostra vita per gli altri, attingendo la forza del dono di noi stessi dalla Sua Croce. Gesù stesso ci conferma che la vita la troveremo proprio donandola, accettando di perderla. Anche quando ci sembrerà di portare un peso troppo grande, o al di sopra delle nostre forze, se sapremo portarlo con amore, unendoci al sacrificio di Cristo, scopriremo che stiamo generando la vita in noi stessi e negli altri, con Lui e grazie a Lui.

Chiediamo più spesso l’intercessione della Vergine Maria e dei Santi. Domandiamo loro che ci insegnino l’audacia di chi ha sentito l’invito del Signore e ha lasciato tutto, fino a donare la propria vita, affinché essa sia completamente trasformata da Lui. L’abbandono, la fiducia, il dono totale di noi stessi per amore sono il prezzo per la nostra gioia, per la gioia di tanti fratelli e sorelle, per la gioia di Dio, che Egli stesso vuole offrirci. 

Prima di "riposarmi all'ombra di Colui che desideravo", dovevo passare per molte prove, ma la chiamata Divina era così pressante che se avessi dovuto attraversare le fiamme l'avrei fatto per essere fedele a Gesù.
Manoscritto a 49r

"Voglio prendere la mia croce, dolce Salvatore, e seguirTi.
Morire per amore tuo, non voglio nient'altro .."

Pie Ricreazioni 3, 21 r

XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 7, 31-37
Quali sono le ferite che mi impediscono di aprirmi alla relazione con gli altri e con Dio?

Abbiamo bisogno della relazione con il Signore!

Il Vangelo di questa domenica racconta la guarigione di un uomo sordomuto. Grazie ai dettagli della narrazione, possiamo contemplare la scena, quasi come se vi fossimo presenti.
La grande delicatezza di Gesù ci colpisce immediatamente. L’uomo sordomuto si trova nella quasi totale impossibilità di comunicare. Alcune persone lo portano da Gesù perché lo guarisca. Gesù se ne prende cura subito. Egli non compie una guarigione istantanea, ma graduale. Lo prende in disparte e compie dei gesti di grande prossimità.

Egli ridona a quell’uomo la vita che, in un certo senso, aveva perduto. La condizione di sordità e di mutismo, infatti, lo aveva chiuso in se stesso, rendendogli impossibile la relazione con gli altri. È proprio per questo che Gesù utilizza l’espressione “Apriti!”. Il sospiro di Gesù, lo sguardo rivolto a Dio Padre, le Sue parole e il contatto fisico aprono finalmente il sordomuto ad una vita nuova.

Anche noi siamo spesso intrappolati in tante situazioni di chiusura. Può esserci capitato di aver vissuto dei traumi o di essere stati feriti o delusi da qualcuno. Abbiamo vissuto qualcosa che ha “bloccato” la nostra capacità di comunicare e relazionarci liberamente e serenamente con gli altri. A volte, preferiamo, forse, quella condizione di “chiusura”, perché essa diventa uno spazio in cui creiamo le nostre false sicurezze. Altre volte, quando guardiamo a noi stessi nella verità, ci accorgiamo che non possiamo continuare a vivere “imprigionati”.

Abbiamo bisogno di aiuto, ci occorrono delle relazioni vere ed autentiche per far venire fuori il meglio di noi, ma, soprattutto, abbiamo bisogno della relazione con il Signore, per diventare pienamente noi stessi, per poterci aprire alla vita che Egli ci offre! Nel brano evangelico di questa domenica, gli amici del sordomuto non hanno potuto liberarlo dalla sua condizione, pur volendogli bene e standogli accanto. Essi hanno compreso che soltanto Gesù può operare in lui una completa guarigione.

Santa Teresa racconta la sua esperienza di “rinascita alla vita”. Il Signore l’aveva guarita dalla malattia psicosomatica che la tormentava, in seguito alla morte della mamma e alla partenza per il convento di una sorella che amava molto. Santa Teresa descrive se stessa come un fiorellino che, in questo periodo della sua esistenza, stava rinascendo alla vita, grazie al “Sole” della grazia di Dio. Il Signore agiva in lei, piccolo fiore, gradatamente, fino a rafforzarla, affinché, al momento opportuno, potesse sbocciare.

La Grazia opera misteriosamente nelle nostre anime e, talvolta, passa anche attraverso dei segni sensibili: un contatto, uno sguardo, un versetto della Parola di Dio, quando riceviamo l’Eucarestia o il sacramento della riconciliazione… Nelle nostre relazioni sperimentiamo come lo sguardo di una persona che ci ama, ci faccia “rivivere”. Quando qualcuno ci guarda con amore e si prende cura di noi è come se ricevessimo vita attraverso quello sguardo. Le persone che vivono accanto a noi sono segni e strumenti della grazia di Dio, che non smette di circondarci del loro amore.

Il Signore vuole che i nostri cuori scoprano la Sua presenza in ogni frammento della nostra quotidianità. Egli ama contemplare le nostre anime che sbocciamo sempre nuovamente alla Vita, quando accogliamo i doni che Egli ci fa in ogni momento. Santa Teresa desiderava con tutta se stessa ricevere sempre lo sguardo di Gesù. Ella comprendeva di dover restare piccola e, allo stesso tempo, di dover lasciare che la Grazia di Dio agisse in lei, senza resistenze. Il Signore era per Santa Teresa come un “Sole” che permetteva al piccolo fiore della sua anima di rafforzarsi e di aprirsi. Anche noi possiamo vivere l’esperienza straordinaria di Santa Teresa. Anche noi possiamo sentire la Parola che il Signore Gesù ci rivolge oggi con delicatezza e forza: “Apriti!”. 

"Sì, il fiorellino stava rinascendo alla vita, il Raggio luminoso
che l'aveva riscaldato avrebbe continuato a beneficarlo; esso non agì in un istante solo, ma dolcemente, soavemente, risollevò il suo fiore
e lo fortificò in modo tale che cinque anni dopo sbocciava sulla montagna fertile del Carmelo".

Manoscritto A 30v

XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 7,1-8.14-15.21-23
Posso dire che ho fatto esperienza dell'amore di Dio per me? In quali circostanze?

Il "puro amore" sa uscire da se stesso!

Spesso, nelle nostre relazioni, tendiamo a quantificare le nostre azioni o quelle degli altri. Altre volte, ce la prendiamo con le mancanze altrui, esigendo che gli altri siano perfetti. Così facendo, viviamo queste relazioni in modo superficiale, dimenticando di dar valore all’amore che muove ogni azione, ogni pensiero, ogni gesto.
Tutto questo può accadere anche nella nostra relazione con il Signore. Può capitare che ci limitiamo a compiere i nostri doveri da “perfetti cristiani”, ma, forse, a volte, quell’osservanza meticolosa nasconde il vuoto di una fede che ha “perso l’anima”. A volte dimentichiamo l’essenziale e sprechiamo tutte le nostre energie per ciò che non lo è. “Questo popolo mi onora con le labbra ma il suo cuore è lontano da me”: è la triste constatazione che Gesù esprime, nel Vangelo di oggi, attraverso le parole del profeta Isaia.

Dio non vuole che viviamo una fede fatta soltanto di precetti, formule, riti. Egli desidera una relazione autentica con le persone che scelgono di amarLo e che, in virtù di questa scelta, adempiono con amore tutti i Suoi “comandamenti”. Il Signore non vuole né burattini, né robot, ma uomini e donne chiamati a vivere il rapporto con Lui nella verità e a fare un esame attento e delicato del proprio cuore, per poter discernere il bene e il male.

Attraverso la frequentazione quotidiana della Sacra Scrittura, la preghiera, la meditazione, Santa Teresa aveva compreso che Dio non vuole un culto vuoto e freddo, che non sia animato da un amore vero. Egli desidera che gli doniamo il nostro cuore, perché possa riempirci della Sua presenza, della Sua grazia, del Suo Amore.

L’Evangelista Marco fa un lungo elenco delle cose che escono dal cuore dell’uomo, ma che non sono buone. Esse sono tutte realtà di “non-amore”, causa di infelicità, di atteggiamenti di ripiegamento su se stessi e che si concentrano sui propri interessi. L’egoismo sporca l’amore, lo rende impuro e non lascia spazio né per gli altri, né per Dio. Al contrario, il “puro amore” è quello che sa uscire da se stesso, che sa anche rinunciare per il bene dell’altro. Questo “puro amore” deve diventare concreto nei nostri pensieri, attraverso gli atti di fedeltà, di sincerità, di umiltà, di verità, di perdono.

È molto facile cedere alle tendenze egoistiche del nostro “io”. Al contrario, invece, resistere ad esse e protendersi verso tutto ciò che è “puro amore”, necessita di un esercizio costante e quotidiano. Santa Teresa dice che questo richiede delle grazie da parte di Dio, perché l’amore è prima di tutto un dono che viene da Lui.

Non aspettiamo, tuttavia, di imparare ad amare per vivere l’amore, perché altrimenti aspetteremo tutta la vita! Al contrario, seguendo l’esortazione di Santa Teresa, cominciamo dalle piccole cose, dalle piccole azioni. Ricordiamoci, nel compiere i nostri piccoli gesti quotidiani, che il più piccolo di essi, se è mosso da un "puro amore", come lei dice, ha un valore infinito e può far del bene alla Chiesa più delle grandi opere. Il Signore trasformerà ogni atto d’amore vero in benedizioni per tutti, a partire da coloro che vivono accanto a noi. Approfittiamo la sfida che ci offre ogni attimo che passa e viviamolo come puro dono per Dio, per i fratelli! 

"Il più piccolo movimento di puro Amore è più utile alla Chiesa
di tutte le altre opere messe insieme ... E' dunque della più alta importanza che le nostre anime si esercitino molto nell'Amore (...)"

Preghiera 12

"Si, è il vostro cuore che desidero, mi abbasso fino ad esso.
I Cieli e la loro gloria infinita ho voluto abbandonare per voi"

Pie Ricreazioni 4, 3v

XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Gv 6, 60-69
Con quale disposizione del cuore ascolto la Parola del Signore?
Mi lascio interpellare da essa?

La Parola di Dio è il segreto della nostra felicità!

Il brano del Vangelo di questa domenica segue il lungo discorso di Gesù sul Pane di Vita. Molti dei discepoli del Maestro non riuscivano a comprendere il Suo insegnamento o non erano disposti ad accettarlo. Spesso anche per noi la Parola di Gesù è dura da accogliere, perché ci scandalizza. Essa va contro il nostro modo di vedere le cose o il nostro desiderio di dirigere la nostra vita … perché se decidiamo di farle spazio nella nostra vita, essa ci coinvolge troppo e forse non siamo pronti ad abbandonare le nostre idee e i nostri schemi mentali.

Eppure, un atto di fede autentico implica la necessità di spogliarsi delle proprie certezze, di abbandonarsi a Dio e di mettere la nostra vita nelle Sue mani. Credere in Gesù presuppone una scelta libera che implica l’adesione della nostra intelligenza, del nostro cuore e della nostra volontà.

L'evangelista Giovanni sottolinea come, davanti alle affermazioni forti di Gesù, molti tornino indietro e si rifiutino di seguirLo. Il Maestro non scende a compromessi, Egli conosce i loro cuori e non vuole obbligarli a credere in Lui, al fine di rispettare la loro libertà. In un certo senso, il Signore si “ferma” davanti alle nostre volontà, non può costringerci ad amarLo come Egli ci ha amati! Dio, l’Onnipotente, corre il rischio di lasciarsi rifiutare e rinnegare dalle Sue stesse creature, proprio in virtù del Suo Amore per loro!

Alla vista dell’abbandono da parte di molti discepoli, Gesù si rivolge ai suoi dodici apostoli, essi sono i più vicini, i più intimi del Maestro. Egli pone loro questa domanda, che arriva come una freccia, diretta al cuore: “Forse volete andarvene anche voi?”. Gli apostoli restano accanto a Lui, pur non comprendendo fino in fondo dove li condurrà la sequela del Maestro.
Oggi, Gesù rivolge questa domanda anche a noi. Siamo, infatti, anche noi “i Suoi amici intimi”: riceviamo l’Eucarestia tutte le domeniche, e, a volte, anche nei giorni feriali, prestiamo il nostro servizio nella parrocchia, ascoltiamo la Parola di Dio ogni giorno …

Abbiamo compreso davvero che, come dice Santa Teresa, il segreto della nostra felicità è nascosto in quella Parola? Quante volte la mettiamo da parte o facciamo finta di non sentire quando il Signore ci parla per mezzo di essa? Eppure, come dice San Pietro, noi abbiamo creduto in Lui proprio perché abbiamo fatto esperienza del Suo Amore nella nostra vita!

Quella Parola è Gesù stesso, è il Verbo di Dio, la Parola che rivela tutto l’Amore del Padre. Se scegliamo di allontanarci da Lui, siamo liberi di farlo. Il Maestro, però, ci ha scelti per stare con Lui, per vivere con Lui. Egli desidera che edifichiamo con Lui il Regno di Dio nei nostri cuori e nei cuori dei nostri fratelli e sorelle, anche e soprattutto quando è difficile.

Come gli apostoli, Santa Teresa sceglie di seguire Gesù anche quando le costa, anche quando il cammino si fa difficile. Dobbiamo chiedere anche noi al Signore la grazia di una santa audacia e un santo coraggio, che ci spingano a perseverare quotidianamente, soprattutto quando il cammino di sequela richiede nuove forze e un rinnovato slancio. Lo Spirito Santo ispiri al nostro cuore la stessa certezza che ha ispirato a San Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”. 

"Custodire la parola di Gesù, ecco l'unica condizione della nostra felicità, la prova del nostro amore per Lui. Ma che cos'è questa parola? ... mi sembra che la parola di Gesù sia lui stesso... Lui, Gesù, il Verbo, la Parola di Dio! ... Ce lo dice più avanti nello stesso Vangelo di San Giovanni ... Gesù ci insegna che Egli è la via, la verità e la vita. Noi sappiamo dunque qual è la Parola che dobbiamo custodire... Noi custodiamo Gesù nei nostri cuori!"
Lettera 165 a Celina

XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Gv 6,51-58
Con quale cibo sto nutrendo la mia anima?

Gesù Eucarestia è il Pane che ci dona la Vita eterna!

In questa domenica, la liturgia offre alla nostra meditazione l’ultima parte del cosiddetto “discorso sul pane di vita”, contenuto nel Vangelo di San Giovanni. Gesù è il Pane vivo disceso dal Cielo. Egli è il divino Nutrimento, la Santa Eucarestia, “il Sacro Mistero che l’Amore di Dio ci ha donato”, come scrive Santa Teresa.

L’Eucarestia è il mistero dell’amore infinito di Dio, che sceglie di rimanere con noi fino alla fine dei tempi sotto le specie del Pane e del Vino consacrati, per farsi cibo e per alimentare e far crescere in noi la vita divina. Questo Pane che Gesù ci dà deve essere contemplato con stupore e riconoscenza nell’Adorazione Eucaristica, ma soprattutto deve essere mangiato. Gesù insiste molto su questo punto: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”.

Senza il Signore non possiamo far nulla. Senza di Lui la nostra testimonianza è finta, la nostra vita di fede è vuota, il nostro ardore missionario è spento! Soltanto rimanendo in Lui possiamo vivere per Lui ed essere strumenti del Suo Amore per gli altri. Dobbiamo nutrirci del Pane della vita, perché, attraverso la Comunione Eucaristica, il Signore ci trasformi interiormente in un modo sempre più profondo e noi somigliamo un po' di più a Colui che amiamo e contempliamo. Se ci rendiamo docili all’azione di Dio in noi, Comunione dopo Comunione, per la Sua Grazia, diveniamo più capaci di amare, più aperti al dono di noi stessi, più pronti a scegliere la volontà di Dio, anche quando ci costa sacrificio. Gesù Eucarestia è il nostro nutrimento “per oggi” come dice Santa Teresa in una sua poesia. Egli è il nostro Pane quotidiano!

Il ritornello del salmo responsoriale della liturgia di oggi dice: “Gustate e vedete come è buono il Signore”. Il Signore Gesù ci invita a mangiare il Suo Corpo e il Suo Sangue per farci crescere nella vita spirituale, al fine di vivere della vita di Dio. Nutrendoci di Lui impariamo a gustare con i nostri sensi spirituali la dolcezza della Sua presenza nelle nostre anime, impariamo a vedere come Egli agisce in noi e negli altri, impariamo a fare nostro il Suo invito accorato a convertire il nostro cuore.

Nell’Eucarestia gustiamo la gioia di saperci conosciuti e amati dal Signore intimamente, profondamente, da sempre per sempre. Impariamo a desiderare di vivere sempre alla Sua presenza qui sulla terra e ci alleniamo a rivolgere il nostro sguardo verso l’eternità.
Il Signore desidera condurci tutti, nella gioia, nel cuore della Santissima Trinità ed Egli non cessa di attrarci a Sé. Guardiamo Gesù che si offre in ogni Eucarestia: è il segno dell’Amore sconfinato di Dio per noi. Guardiamo la Croce, che è il segno della “follia d’amore” di Dio che offre tutto se stesso per la nostra salvezza.
Prendiamo consapevolezza che siamo chiamati e inviati ad annunziare al mondo la gioia di appartenere a Lui, di essere Suoi! 

“O Pane vivo, Pane del Cielo, divina Eucarestia.
O Sacro Mistero che l’Amore ci ha donato.. Vieni ad abitare il mio cuore, Gesù, mia bianca Ostia, solo per oggi”
Poesia 5,8

“Pane vivo della fede, Nutrimento Celeste!...
O mistero d’amore! Il mio Pane quotidiano, Gesù, sei Tu!...”

Poesia 24,28

XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Gv 6,41-51
In quali occasioni ho fatto esperienza di sentirmi attratto dall'amore del Padre?

Il Padre ci attira a sé per mezzo di Gesù, Suo Figlio!

La liturgia di questa domenica continua a farci meditare, come nelle domeniche precedenti, sul sesto capitolo del Vangelo di Giovanni. Il dialogo tra la folla e Gesù che l’evangelista sviluppa in questi versetti si svolge nella sinagoga di Cafarnao. Attraverso il Suo insegnamento, Gesù rivela la Sua identità e la Sua missione: Egli è il “Pane vivo disceso dal Cielo”. Questa affermazione è considerata una bestemmia per i giudei che lo ascoltano. È forte l’incomprensione da parte di molti degli interlocutori del Maestro, i quali si oppongono alle parole utilizzate da Gesù per rivelare la Sua identità di Figlio di Dio. Egli rivendica chiaramente la Sua origine divina, ma essi hanno una visione troppo terrena del Nazareno, il figlio di Giuseppe. Essi Lo considerano semplicemente un uomo, come loro. I giudei sono convinti di conoscerlo e sono sicuri che Egli non può venire da Dio, non può essere il Messia che essi attendevano. Essi credono nell’unico Dio e non nel Dio trinitario.

Quanto sono spesso limitati i nostri pensieri! A causa delle nostre idee, dei nostri pregiudizi, ci capita di avere una certa difficoltà a scoprire chi sono veramente le persone che vivono accanto a noi. Spesso pensiamo che se quello che l’altro dice non rientra nei nostri schemi, allora non è vero!
Tuttavia, Gesù non si scandalizza delle logiche umane, perché sa bene che la nostra fede e la nostra adesione alla Sua Persona sono opera del Padre. Il Padre ci attira a sé, attraverso il Figlio Amato. Questo può accadere attraverso un atto d’amore che ci stupisce, attraverso una Parola della Scrittura che leggiamo o ascoltiamo, che sentiamo rivolta proprio a noi e che ci riempie il cuore di gioia ... Nella preghiera, mentre stiamo vivendo qualche difficoltà, mentre stiamo osservando e contemplando la bellezza della creazione, Dio agisce in noi. In tutte queste occasioni il nostro pensiero e il nostro cuore sono attratti da Dio!

Questo movimento di attrazione è opera del Padre, che ci attira a sé, servendosi dei nostri sensi e della nostra intelligenza per toccare il nostro cuore, perché possiamo gustare l’amore di cui Egli desidera riempire la nostra vita. Egli ci conduce al Figlio, perché possiamo amarLo e seguirlo come unica Via per la nostra salvezza e per la gioia eterna.
Leggiamo le parole del Vangelo, provando ad andare ancora più in profondità, per vivere pienamente questa relazione intima con il Signore. Gesù ci dice: “Lasciatevi attirare dall’amore del Padre e venite a me!”.

Santa Teresa ha ascoltato questo appello e ha cercato di aderirvi con tutte le sue forze. Ella ha compreso che quando qualcosa ci attrae, noi desideriamo possederla. Questo si verifica ancora di più con l’amore. Quando amiamo qualcuno, vogliamo essere intimamente uniti a lui, cominciamo perfino a somigliare all’altra persona, perché assumiamo alcuni dei suoi atteggiamenti o modi di pensare …
La nostra Maestra spirituale ci spiega con parole semplici il dinamismo interiore che si produce in lei: ella si sente attratta dall’amore di Dio, non oppone resistenze e desidera unirsi a Lui, al punto che sia Egli stesso a vivere in lei. Le parole di santa Teresa ricordano quelle di san Paolo: “Non sono più io che vivo ma Cristo vive in me”.

Con la grazia di Dio e con il Suo aiuto, possiamo far nostro questo movimento interiore, chiedendo al Signore di modellare il nostro cuore, perché sia Lui a vivere in noi. Lasciamoci toccare dall’appello d’amore del Padre e, a poco a poco, con la forza dello Spirito Santo, lasciamoci trasformare completamente, per somigliare sempre di più al Cristo, Gesù, Suo unico Figlio.

"Nessuno può venire a me, ha detto Gesù, se non lo attira il Padre mio che mi ha mandato (...) Cos'è dunque chiedere di essere attirati, se non unirsi in modo intimo all'oggetto che avvince il cuore? (...)
Chiedo a Gesù di attirarmi nelle fiamme del suo amore, di unirmi così strettamente a Lui, che Egli viva e agisca in me"

Manoscritto C 35v-36r

XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 6,24-35
Sono disposto a consacrare tutto , anche i battiti del mio cuore, alla missione che il Signore mi ha affidato?

È Dio che cerchiamo quando sogniamo la felicità!

Dopo essere stata testimone del prodigio della moltiplicazione dei pani e dei pesci, la folla, che si era saziata grazie a quel cibo provvidenziale, continua a cercare Gesù con insistenza. Egli, allora, parla alle persone in maniera molto diretta, richiamandole all’origine della propria ricerca. Quale “pane” stanno cercando? La fame fisiologica, è prima di tutto un bisogno vitale, ma rivela una ricerca che ha radici più profonde, di cui, a volte, non siamo consapevoli. E noi? Quale “pane” stiamo cercando? …

Il desiderio di libertà, il desiderio di possedere tante cose, la volontà di gestire il tempo come vogliamo noi, il desiderio di essere apprezzati dagli altri, di essere amati, ecc… tutti questi bisogni rivelano una “fame” che non può essere colmata, insaziabile. Potremmo fare una lista lunghissima, per esprimere una grande “fame” che spesso è male orientata. È importante comprendere che questo desiderio di pienezza non può trovare che in Dio la sua sorgente. È Lui, infatti, Colui che cerchiamo quando sogniamo la felicità, come disse San Giovanni Paolo II ai giovani radunati a Roma per il Giubileo del 2000.

Lasciamo che le parole di Gesù alla folla risuonino anche dentro di noi: “Datevi da fare per il cibo che rimane per la vita eterna!”. Cosa vuole dirci il Maestro? “Cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?”. Quando l’Amore del Signore tocca il nostro cuore, allora sentiamo con forza che dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo seguirLo, dobbiamo rispondere alla Sua chiamata. In un certo senso, è una vera e propria vocazione. “Compiere le opere di Dio” significa accogliere Gesù nella nostra vita, è per questo che siamo stati creati. Egli è l’Unico necessario, l’Unico bene.

“Compiere le opere di Dio” significa ricevere il dono della Sua Presenza che riempie il nostro cuore, dà senso alla nostra vita, al nostro lavoro, alle sofferenze quotidiane, ad ogni attimo, ad ogni attesa e desiderio. Dio Padre desidera che accogliamo Suo Figlio, Gesù Cristo, venuto nel mondo per salvarci, e crediamo in Lui. Egli vuole per noi una partecipazione sempre più piena alla vita intima in seno alla Santissima Trinità, che è continuo e reciproco scambio di Amore divino.

Santa Teresa di Gesù Bambino si mette in ascolto delle parole del Maestro e sceglie di essere sempre disponibile a quello che il Signore vuole da lei, di impegnarsi ad offrirsi e ad amare, di non perdere neppure un istante, perché ogni attimo vissuto nell’amore è prezioso per contribuire all’opera di Dio. Ciò che anima in lei questa scelta è la sua fede in Lui. Santa Teresa sa che ogni battito del cuore è un’occasione nuova per ricominciare ad amare il Signore e gli altri. Il suo sguardo è rivolto verso l’eternità e, pur sperimentando la sua debolezza, il suo cuore si riempie di coraggio e forza quando pensa alla gioia della vita eterna, dell’incontro con Dio, che si realizzerà in Cielo.

Solo Tu, Signore, puoi saziare il nostro desiderio di vita piena e dissetare la nostra sete di amore autentico, che duri per sempre. La tua promessa di felicità per ciascuno di noi passa attraverso la nostra volontà di accoglierti nella nostra vita, di farti spazio, di permetterti di compiere miracoli in noi e perfino attraverso noi, tue piccole creature, a volte incredule e ribelli. Apri i nostri occhi, perché, come la tua piccola Santa Teresa, sappiamo vedere le meraviglie che il tuo amore ha compiuto e continua a compiere nelle nostre vite, sappiamo renderti grazie e Ti restituiamo, a nostra volta, amore per Amore! 

"Voglio, o mio Amato, ad ogni battito del cuore rinnovarti questa offerta un numero infinito di volte ..."
Offerta all'Amore Misericordioso

"...approfittare di tutte le cose piccole e farle per amore!"
Manoscritto B 4v

“Non trovo niente sulla terra che mi renda felice:
il mio cuore è troppo grande; niente di ciò che si chiama felicità in questo mondo lo può appagare. Il mio pensiero vola verso l'Eternità"

Lettera 245

XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Gv 6, 1-15
Sono consapevole che solo il Signore può soddisfare la sete di pienezza che porto nel mio cuore?

Il Signore ama servirsi del nostro “poco” o del nostro “niente”.

Nel brano evangelico di questa domenica, una grande folla segue Gesù, attratta soprattutto dalle guarigioni che Egli compie. Siamo vicini alla Pasqua ebraica, e quest’indicazione temporale e religiosa non è casuale. L’Evangelista Giovanni ci racconta che il Maestro approfitta di questa occasione per compiere un segno ancora più importante. Con cinque pani e due pesci, Egli sazia tutta quella folla! Immaginiamo lo stupore della gente e lo stupore dei discepoli e, in particolare, l’apostolo Filippo, al quale Gesù aveva domandato in modo provocatorio, di nutrire tutte quelle persone!

Proprio Filippo avrà pensato che il Maestro stava chiedendo qualcosa di impossibile. In realtà, Gesù stava soltanto preparando il cuore dei suoi discepoli a ricevere e comprendere il grande miracolo che Egli avrebbe realizzato. Quei cinque pani e due pesci sono davvero “niente” davanti a quella folla da sfamare, ma sono anche tutto ciò che i discepoli hanno a disposizione. Quanto accade nel racconto evangelico è, inoltre, un’immagine e una prefigurazione di quanto accade in ogni Celebrazione Eucaristica. L'offerta del pane e del vino, attraverso la preghiera del sacerdote, diventa Corpo e Sangue di Gesù e noi ci uniamo spiritualmente a questa offerta, offrendo noi stessi, insieme a Lui.

Il Signore ama servirsi del nostro “poco” o del nostro “niente”. Ciò che Egli desidera è la nostra partecipazione e che confidiamo in Lui. Gesù si serve delle risorse materiali degli apostoli. Esse sono certamente troppo poco per una folla numerosa, ma sono necessarie per compiere il prodigio della moltiplicazione. La Eucarestia ci sazia non come un cibo terreno, ma come Cibo spirituale per la Vita Eterna. Il Vero Cibo che ci sazia è Gesù stesso, è Lui stesso che si lascia “mangiare” per far crescere in noi la Vita divina.

Mettiamoci al posto di Filippo: a volte il Signore ci fa vivere delle situazioni in cui ci accorgiamo che le persone che vivono accanto a noi, quelle che Egli stesso ci ha affidate, hanno bisogno di “essere nutrite”. Pensiamo, ad esempio, alla nostra famiglia, agli amici, ai compagni di lavoro, ecc. È ovvio che non stiamo parlando qui di cibo materiale, ma di nutrimento spirituale: consiglio, conforto, incoraggiamento, ascolto, fiducia … Donare loro questo “cibo” significa permettere che il Signore faccia di noi i Suoi strumenti per nutrire la loro anima. Davanti alle nostre incapacità e alla nostra debolezza, comprendiamo, tuttavia, che questo è un compito al di sopra delle nostre sole forze.

Noi non abbiamo quello di cui gli altri hanno bisogno: solo il Signore può saziarli veramente ed è Lui la sorgente dei nostri doni! Santa Teresa racconta nei suoi scritti che dal 1893 aveva cominciato ad aiutare la maestra delle novizie nella delicata missione di guida delle Sorelle che erano ai primi passi nella vita religiosa. Ella era consapevole che il compito che le era stato affidato era al di sopra delle sue forze. Santa Teresa afferma: “Signore, sono troppo piccola per nutrire le tue figlie”. Ella sapeva bene che solo Gesù possiede il nutrimento che fa crescere soprattutto la vita spirituale delle sue Sorelle, Gesù è il vero Cibo che sazia. Decise, allora, di rimanere nell’umile disposizione interiore di chi sa che ha bisogno di ricevere tutto da Dio.

La nostra Maestra spirituale decise di restare sempre unita a Gesù, fra le Sue braccia, come una bambina, per poter ricevere da Lui il nutrimento da dare poi alle novizie e che le permetterà di crescere nella santità. Accostiamoci all’Eucarestia con la fiducia e l’abbandono dei bambini. Lasciamo che il Signore ci nutra attraverso questo grande Mistero di Amore, purtroppo incompreso e sconosciuto da tanti. Permettiamo a Dio di riempirci il cuore, perché possiamo riversare, a nostra volta, sugli altri l’Amore che Egli stesso riversa in noi. 

“Quando mi fu dato di penetrare nel santuario delle anime, capii subito che quel compito era al di sopra delle mie forze. Allora mi sono messa tra le braccia del Buon Dio, come un bambino piccolo e, nascondendo il volto tra i suoi capelli, Gli ho detto: Signore, sono troppo piccola per nutrire le tue figlie; se per mezzo mio vuoi dare
loro ciò che conviene a ciascuna, riempi la mia
manina e io, senza lasciare le tue braccia, senza
voltare la testa, darò i tuoi tesori
all'anima che verrà a chiedermi il cibo"

Manoscritto C 22r

XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 6,30-34
Vivo l’istante presente come
un momento per amare gli altri?

Amare il fratello e la sorella nell’istante presente!

Dopo aver vissuto la loro prima esperienza missionaria, gli apostoli tornano da Gesù per stare con Lui, in disparte. Essi necessitano di un tempo di riposo per recuperare le forze fisiche, ma anche per riflettere con il Maestro sul proprio apostolato, per confrontarsi con Lui a proposito di quanto hanno visto, dei prodigi che hanno compiuto nel Suo nome, delle difficoltà che hanno incontrato. Se da un lato, però, c’è questa esigenza di riposo da parte degli Apostoli, che è contemporaneamente fisica e spirituale, dall’altro c’è la richiesta pressante, da parte della folla, che manifesta un bisogno di aiuto, di guarigione, di poter ascoltare le parole di vita donate da Gesù.

Il Maestro conosce e comprende gli uni e gli altri. Egli conosce il cuore dei suoi Apostoli, sa che la loro missione è faticosa e che hanno bisogno di tempi privilegiati da vivere con Lui. È Lui stesso ad invitarli a riposarsi in disparte. Gesù si commuove allo stesso modo davanti al desiderio della folla. Egli ne ha una grande compassione. Ecco il cuore della missione che Gesù è venuto a compiere. Essa è il frutto dell'amore che sgorga dal Cuore di Gesù che è divino e umano, perché Egli è vero Dio e vero uomo. Noi, uomini e donne, battezzati e perciò Figli di Dio e membri della Chiesa, siamo chiamati a far nostri i sentimenti di questo cuore pieno di amore per gli uomini!

Dal Vangelo di oggi comprendiamo la ricchezza della presenza di Gesù in mezzo alle persone del suo tempo. Possiamo pensare quanto siano stati fortunati a vivere con Lui, ad ascoltarLo, ad essere guariti, a ricevere numerosi miracoli ... Eppure, noi possediamo una ricchezza ancora più grande!

Quando riceviamo Gesù nell’Eucarestia, facciamo esperienza della Sua presenza viva e reale in noi. Quello è il momento per noi di “appartarci” in quel “luogo intimo” della nostra anima dove Lui solo può entrare, per gioire della Sua presenza, per stare cuore a cuore con Lui.
La Santa Comunione è il sacramento d’amore per eccellenza, attraverso il quale la Grazia di Dio modella poco alla volta il nostro cuore, per trasformarlo ad immagine del Sacro Cuore di Gesù! Occorre da parte nostra la disponibilità a lasciarLo agire in noi perché Egli vinca le nostre resistenze. A volte, vorremmo intrattenerci alla Sua presenza, vivere indisturbati i momenti di silenzio nei quali ci appartiamo con il Signore, ma qualcuno ci chiama, ha bisogno di noi, ci domanda attenzioni, aiuto … e allora, siamo tentati di infastidirci …

Santa Teresa aveva compreso bene questo insegnamento del Maestro. Ella racconta che, mentre era costretta a stare a letto a causa della malattia, era sul punto di indispettirsi per la presenza di alcune consorelle. Santa Teresa, tuttavia, aveva scelto di fare come Gesù e aveva preso la decisione di cambiare quel momento che poteva essere fonte di “fastidio” in un’occasione per amare. Così, sull’esempio di Gesù che accoglieva tutti senza distinzione, era riuscita a ricevere con amore le sue consorelle che erano venute a visitarla.

Proviamo anche noi, come Teresa, a pensare a cosa farebbe Gesù al nostro posto, nella nostra vita. Il Vangelo è semplice da vivere, se lo guardiamo con gli occhi dei santi. Essi ci insegnano che l'attimo presente è il tempo più prezioso che abbiamo, l’unico, per vivere in pienezza l’essere Figli di Dio e per rispondere generosamente alla Sua chiamata d’amore! Se qualcuno ci chiedesse: “Ma chi te lo fa fare?”, l’unica risposta sarebbe da ricercare nell’amore per Dio Padre e per il prossimo, che Gesù ci ha insegnato e che vogliamo fare sempre più nostra. 

"Come mi hanno disturbato dopo la Comunione! Mi hanno guardato con insistenza ... ma per non indispettirmi ho pensato a Nostro Signore che si ritirava nella solitudine senza poter impedire al popolo di seguirlo fin lì. E non lo congedava.
Ho voluto imitarlo ricevendo bene le sorelle"
Ultimi Colloqui 30.7.18

XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 6,7-13
Mi sento mandato dal Signore a portare il suo amore nel mondo?

Il segreto della nostra vocazione è l'unione con Dio!

Nel Vangelo di questa domenica, gli Apostoli sono investiti di una missione da Gesù: sono inviati a continuare l’apostolato che, fino a quel momento, avevano visto compiere al Maestro. Nel periodo di formazione vissuto dietro a Gesù, essi sono stati testimoni dei prodigi, delle guarigioni, dei miracoli compiuti da Gesù. Questi eventi sono stati dei segni che avevano come scopo l’annuncio del Regno di Dio e l’invito alla conversione, rivolto a tutti. Gli Apostoli hanno sperimentato la pressione della folla che si accalcava intorno a Gesù. Essi hanno compreso il bisogno di tutti di ricevere la salvezza. Hanno potuto sentire in tante persone il desiderio di guarigione fisica e psicologica, di crescere nella libertà …
Essi hanno riconosciuto la “sete di Dio” che abitava nei cuori degli uomini e delle donne del loro tempo e l’hanno condivisa, perché era la loro stessa “sete”.

Gesù li chiama a sé, perché possano sperimentare la bellezza, la sicurezza, la gioia di stare con Lui, il Figlio di Dio fatto uomo. Poi, Egli li manda in missione, chiedendo loro di non portare nulla con sé. L’unica ricchezza degli apostoli deve essere il loro legame con il Maestro. L’unica loro forza deve risiedere nella consapevolezza di essere stati scelti e mandati per far conoscere agli uomini l’amore di Dio: Egli è l’unico che ci guarisce veramente, che ci libera, che ci salva.

La vocazione che il Signore ci chiama a vivere corrisponde ad un grande desiderio, che Egli ha messo nel nostro cuore. Santa Teresa afferma, con grande passione che avrebbe desiderato essere missionaria da sempre e che avrebbe voluto esserlo per sempre. È proprio il Signore che ha messo in ciascuno di noi il seme dei desideri più grandi che ci abitano. Pur essendo rimasta tra le quattro mura del suo convento per tutta la vita, la nostra amica Santa riesce, a realizzare il suo desiderio della missione. Santa Teresa scopre il valore infinito dell’offerta al Signore dei più piccoli atti, fatti con sacrificio e per amore.

La giovane Carmelitana è sicura che Dio farà della sua offerta una benedizione per i suoi due fratelli spirituali, che vivono il sacerdozio in terra di missione. Santa Teresa offre, inoltre, le sue stesse sofferenze per ogni sacerdote e per tutta la Chiesa. La forza e l’efficacia di questa offerta risiede proprio nel fatto che Teresa la unisce alla Passione e alla Croce di Cristo, in ogni Eucarestia. Il segreto della vocazione della nostra amica Santa, infatti, è sempre l’unione con Dio!

Come lei e come gli apostoli, sperimentiamo dei desideri grandi che il Signore ha acceso nei nostri cuori. Essi hanno origine in Dio, che ha a cuore di fare di noi degli apostoli del Vangelo. Egli desidera che noi per primi ne sperimentiamo la gioia e poi ne diventiamo testimoni. Cosa  ci manca, oggi, per essere anche noi missionari? Il nostro quotidiano è fatto di tante piccole azioni che possiamo offrire al Signore, come faceva Santa Teresa. Le nostre giornate, inoltre, sono intessute di relazioni e quelle, per noi, sono la prima “missione” cui il Signore ci invia. Prima di mandarci in missione, Egli ci chiama a sé, perché vuole che sappiamo che si fida di noi e che ci donerà, al momento giusto, tutto ciò che ci occorre. Egli sarà sempre con noi, anche negli inevitabili rifiuti o fallimenti che sperimenteremo.

Siamo liberi di accogliere e far crescere in noi o di rifiutare il progetto di salvezza di Dio per gli uomini, il “sogno di Dio”. Anche i destinatari del nostro annuncio sono liberi di accoglierlo o di rifiutarlo.  Se, però, decidiamo di metterci al servizio di questo “sogno”, allora, dobbiamo anche far nostre le parole di Santa Teresa: “Mio Dio, scelgo tutto!”, perché, come lei, diciamo il nostro “si” a tutto quello che il Signore vorrà compiere in noi e attraverso di noi.

"Non farò che una cosa sola: cominciare a cantare quello che devo ripetere in eterno, "Le Misericordie del Signore!!!" 
Manoscritto B 3r

"Ho capito che ogni anima è libera di rispondere agli inviti di Nostro Signore, di fare poco o molto per Lui , in una parola
di scegliere tra i sacrifici che Egli chiede. Allora (...) ho esclamato:

"Mio Dio, scelgo tutto"
Manoscritto A 10 v

XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 6,1-6
Come Gesù vive l’incomprensione dei suoi conterranei? Come vivo i momenti in cui non mi sento capito/a?

Guardare le persone in modo nuovo ...

Spesso abbiamo una visione sbagliata della realtà. Guardiamo le cose, le persone, gli avvenimenti, unicamente dal nostro punto di vista, che spesso è parziale e limitato. Questo è ciò che capita anche ai concittadini di Gesù, come ci racconta il Vangelo di Marco. Essi sono talmente convinti di conoscere bene Gesù, che arrivano al punto da “incasellarlo” in uno schema. A volte, capita anche a noi di fare così con alcune persone. Diciamo o pensiamo, ad esempio: “Quella persona è fatta così e non potrà mai cambiare!”, oppure, “Quella persona non sa niente, chi crede di essere?”. Non ci rendiamo conto che questo modo di pensare ci pone in un atteggiamento orgoglioso e ci mette “al di sopra degli altri”. Tutto questo incide sulla nostra relazione con le persone. Ci capita perfino a convincerci che dall’altro non potremo ricevere nulla.

Spesso siamo noi stessi ad impedire che gli altri ci aiutino a crescere, che diventino una benedizione o una grazia per noi. Gesù non compie prodigi nella sua regione. Egli desidera entrare in una relazione interpersonale con ognuno di noi basata sulla fiducia, prima ancora di compiere dei miracoli nella vita delle persone. Questi “miracoli”, o interventi divini nelle nostre vite, rispondono ad un desiderio di conversione da parte nostra. Essi sono originati in parte anche dalla fede che noi mettiamo in Lui.

L’episodio biblico del ritorno di Gesù a Nazaret presso i suoi, suscita in noi sentimenti di tristezza e di incomprensione. Noi pensiamo che coloro che sono vissuti e cresciuti con Gesù, dovrebbero conoscerlo bene. Essi avrebbero dovuto scoprire la verità sulla Sua vera identità. Essi avrebbero dovuto riconoscerlo attraverso la Sua missione divina. Eppure, non è stato così.
Tra i nostri stessi familiari, amici o conoscenti ci sono persone sante, che vivono in maniera semplice e nascosta. Se noi guardiamo gli altri con uno sguardo umano e non quello di Dio, ci sarà impossibile riconoscerli.

Santa Teresa prende l’esempio di un palloncino che, mentre sale verso l’alto, sembra diventare più piccolo. Accade qualcosa di simile, in un certo senso, a coloro che si avvicinano sempre di più a Dio. Nella misura in cui essi uniformano la propria vita a Colui che contemplano. In un certo senso è come se salissero più in alto degli altri, perché è come se riuscissero a guardare la realtà da un altro punto di vista e ad un’altra altezza! Essi hanno la capacità di guardare le persone diversamente, in un modo nuovo e ispirato da Dio, senza giudicarle! Eppure, chi vive accanto a loro non riesce sempre a comprenderli e a volte arriva anche a disprezzare il loro modo di parlare o di agire.

Occorre che convertiamo il nostro sguardo e che chiediamo al Signore che ci insegni a guardare gli altri come Egli guarda ciascuno di noi. Come dice la preghiera di “Colletta” della Messa di oggi, abbiamo bisogno della luce dello Spirito Santo per riconoscere Gesù, come il Figlio di Dio venuto nella debolezza, nell’umiltà e nel nascondimento. “Dio si serve di ciò che è debole per confondere i forti”, ci dice la Scrittura. L’umiliazione, allora, diventa il “luogo” della gloria, la debolezza diventa il “luogo” della forza di Dio.

Paradossalmente, i momenti di debolezza, di rifiuto da parte degli altri, di disprezzo, di incomprensione sono proprio i momenti più preziosi della nostra vita! Noi siamo chiamati a vedere in essi delle opportunità uniche per annunciare il Vangelo, per testimoniarlo, per crescere in umanità e in santità. È proprio attraverso quelle occasioni che facciamo l’esperienza di vivere in comunione con il Maestro e di somigliare a Lui, a condizione che le viviamo come le ha vissute Lui.

Nonostante le difficoltà incontrate, dobbiamo continuare a vivere la missione che Dio ci ha affidato in quanto battezzati, così saremo sicuri di camminare veramente sulle orme di Gesù, il Cristo. 

"Sulla terra, non si sa ... Spesso, nella misura in cui le anime si innalzano,
esse perdono la considerazione di coloro che le circondano.
Come un pallone che si innalza nel cielo sembra sempre più piccolo,
così la santità più sublime è talvolta disprezzata.
Sapendo questo, come dar peso alla gloria che riceviamo
gli uni dagli altri?"

Consigli e Ricordi 162

XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 5,21-43
Sono consapevole che per guarire ho bisogno che il Signore tocchi le profondità del mio cuore?

Lasciamoci toccare dall'Amore di Dio!

Nel Vangelo di questa domenica, scopriamo che le persone che Gesù incontra portano nel cuore un grande desiderio di vita. Giairo supplica il Signore che sua figlia non muoia. La donna, che aveva delle perdite di sangue da dodici anni, desidera un cambiamento radicale nella sua vita, non essere più esclusa. Questo ci ricorda che noi siamo fatti per la relazione, siamo creati ad immagine della Santa Trinità.

Poter “respirare”, infatti, non è sufficiente per “vivere”: ciò che è fondamentale, invece, è il “sentirsi vivi”. La nostra esistenza non ha senso, se non abbiamo la possibilità di entrare in relazione con gli altri e di crescere attraverso le relazioni. Abbiamo bisogno della prossimità dell’altro, di fidarci, di essere in comunione, del dono reciproco, in poche parole abbiamo bisogno di essere amati e di amare per poter sentire la vita che scorre in noi e per essere un dono per gli altri.

Spesso siamo noi stessi a rinchiuderci in situazioni di “morte”. Questo accade, ad esempio, quando lasciamo che le paure, le ansie, le angosce, le malattie … diventino paralizzanti, prendano il controllo su di noi e ci impediscano di essere veramente noi stessi e di rispondere pienamente alla “vocazione alla vita in Dio” alla quale il Signore ci ha chiamati. Rischiamo di rimanere in questa condizione di chiusura per degli anni, aspettando forse che qualcuno, prima o poi, venga a “liberarci”; oppure possiamo decidere di chiedere aiuto …a Dio e agli altri.
Ma… a chi chiediamo aiuto? …

Al contrario di quello che fanno i protagonisti del Vangelo di oggi, a volte, quando ci troviamo in queste situazioni di “morte”, il Signore è spesso l’ultimo cui ci rivolgiamo. Avremmo bisogno di ricordare che Egli si è incarnato, ha sofferto, è morto ed è risorto, perché noi avessimo la Vita vera, la Vita divina! Egli stesso è la Vita. Riflettendo sul Vangelo, allora, comprendiamo che, per poter guarire, è fondamentale entrare in relazione con Gesù. Abbiamo bisogno di toccarLo e lasciarci toccare da Lui, di entrare in comunione.

Pensiamo, ad esempio, quanto sia importante e quanto sia liberante, a volte, una carezza, una stretta di mano, un abbraccio di una persona che ci ama e conosce le nostre difficoltà e ferite … il Signore può passare attraverso queste persone per aiutarci ad uscire dal nostro stato.. Il Signore ci conosce e ci ama più di chiunque altro e molto meglio di noi stessi. È essenziale comprendere che dobbiamo lasciarci “raggiungere”, dalla Sua persona, dal Suo amore !

Santa Teresa ha fatto esperienza dell’Amore di Dio che guarisce, fin da piccola. Aveva tredici anni quando aveva perso la gioia di vivere e si era chiusa come in un guscio, dopo aver vissuto un’infanzia piena di traumi affettivi e separazioni con i membri della sua famiglia (la morte della mamma, l’entrata nel convento delle sue sorelle). Teresa aveva una grande sensibilità e una mancanza di maturità legata a un’affettività esagerata. Pur avendo provato con tutta se stessa ad uscire da quel “guscio”, non ci era riuscita. Ecco che la Notte di Natale del 1886 avvenne un miracolo, che la liberò da quella condizione di infantilismo che la bloccava e le impediva di vivere la propria vocazione e di crescere nella libertà. Gesù Eucarestia, ricevuto durante la Messa di quella Notte, “toccò”, attraverso la Santa Comunione il cuore della bambina capricciosa, triste e piena di paure e le donò una vita nuova, facendola passare dall’infanzia alla vita adulta. Da questo momento in poi la decisione di amare e donarsi crebbe sempre di più nella giovane Teresa.

Se la potenza di guarigione che il Signore infonde nei sacramenti è così grande, è perché attraverso di essi Egli ci comunica la Sua stessa Vita divina. Di cosa abbiamo bisogno per guarire? Forse manchiamo di fede, forse ci siamo “abituati” troppo ai sacramenti o forse ce ne siamo allontanati per i motivi più vari legati al nostro passato. Se oggi vogliamo Vivere veramente, dobbiamo solo desiderarlo, chiederlo al Signore con tutte le nostre forze e credere in Lui, nel Suo Amore che può tutto!

"Tornavamo dalla messa di mezzanotte nella quale avevo avuto la felicità di ricevere il Dio forte e potente (...) Teresa non era più la stessa. Gesù aveva cambiato il suo cuore! (...) La piccola Teresa aveva ritrovato la forza d'animo che aveva perduto a quattro anni e mezzo e l'avrebbe conservata per sempre”.
Manoscritto A 45r

"In poco tempo il Buon Dio aveva saputo farmi uscire dal cerchio angusto in cui mi dibattevo senza sapere come venirne fuori".

Manoscritto A 46v

XII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 4, 35-41
Come vivi i momenti di tempesta nella tua vita? Riesci a vedere la presenza del Signore?

In mezzo alle tempeste, fidiamoci di Dio!

Nella nostra vita ci capita spesso di sentirci come una piccola barca in un mare in tempesta! Ci sembra che gli eventi esterni siano incontrollabili e che noi siamo in balìa del “vento” e delle “onde”. Abbiamo paura, perché ci sentiamo impotenti e forse, proprio come hanno fatto i discepoli nel racconto del Vangelo di Marco, pensiamo che il Signore si è dimenticato di noi e che ci ha abbandonati. Ci capita, talvolta, di sperimentare questa condizione di apparente assenza, ci viene da pensare che Dio è troppo occupato con altre cose per occuparsi di noi o, peggio ancora, che non gli importa quello che ci sta accadendo. Quanto è limitata la nostra comprensione del modo di agire del Signore e quanto è debole la nostra fede! Questi momenti di “tempesta” sono, invece, proprio le occasioni per “provare” e far crescere la nostra fede e la nostra capacità di abbandono in Dio.

Non ci è facile “vedere” che il Signore opera attraverso gli avvenimenti che viviamo, oppure accettare che Egli è presente anche se sembra che stia dormendo, come ci racconta l’episodio evangelico. Dal suo convento di clausura Santa Teresa intrattiene una frequente corrispondenza con sua sorella Celina, guidandola spiritualmente, consigliandola, incoraggiandola. Nel rispondere ad una delle sue lettere, Teresa paragona Celina ad una “bambina che si trova completamente sola in una barca in mezzo alle onde tempestose”. Con questa immagine, Santa Teresa vuole spiegare in termini semplici ma dal significato profondo, la condizione spirituale in cui sua sorella si trova. Celina è disorientata, crede che la “barca” della sua anima non abbia un “pilota” e non sa se sta navigando nella direzione giusta o sbagliata. Si tratta quindi di un momento di prova per la sua fede.

Questo è quel genere di esperienza in cui i sensi spirituali non percepiscono la presenza di Dio, ma soltanto la “notte”. Santa Teresa allora interviene, aiutando sua sorella a comprendere quanto stia vivendo. La “cecità” e “sordità” spirituale di Celina sono soltanto temporanee e la fanno sentire in una notte tenebrosa. Tuttavia, proprio durante questa esperienza di “notte spirituale”, Gesù è presente. Si tratta, allora, per Celina, di un’occasione preziosa per provare il suo amore verso il Signore con tutta se stessa. È il momento per lei di accogliere la prova che sta attraversando con tutta la fede di cui è capace, sostenuta dalla grazia.

Gesù, infatti, “dorme” sul cuore di Celina, ed è per questo che lei non Lo “vede” e non Lo “sente”. Al contrario di quanto fanno i discepoli, Santa Teresa, però, suggerisce a sua sorella di non svegliarlo! Durante le nostre “notti”, nei momenti di malattia o di sofferenza, di angoscia, di paura, nella tentazione, nella crisi della fede, anche per noi è difficile, e sembra quasi impossibile, fare questo salto: dalla paura alla fiducia, dalla tempesta alla pace interiore! Eppure ci basterebbe “conoscere” un po’ di più il cuore di Dio, per comprendere che Egli non ci lascia mai, nemmeno un istante, e che Egli è sempre vigilante, pronto ad intervenire in nostro soccorso, anche quando sembra “dormire”. Proviamo allora, per una volta, a cambiare la prospettiva e a guardare la nostra vita dal punto di vista del Signore e non dal nostro. Il nostro abbandono fiducioso in Lui e nella Sua Divina Provvidenza ha un valore infinito ai Suoi occhi.

Come Santa Teresa suggeriva a sua sorella, possiamo lasciare che il Signore “dorma” sul nostro cuore senza “svegliarlo”, pur desiderando che la tempesta passi presto. Approfittiamo, allora, di questa occasione di grazia per compiere un atto di fede profondo e forte: dobbiamo scegliere di amarlo sempre ed in ogni situazione, così come Egli ci ama. In mezzo alle tempeste, non esitiamo a gridare: "Mi fido di Te!".

"Mia Celina, la piccola bambina di Gesù è completamente sola
in una piccola barca (…) Gesù è là che dorme (…) e Celina non lo vede, poiché la notte è discesa sulla navicella! … Celina non sente la voce di Gesù (…) Gli apostoli gli avevano dato un cuscino (…) ma
nella barchetta della sua sposa amata nostro Signore trova un altro cuscino molto più dolce: è il Cuore di Celina,
dove egli dimentica tutto: è a casa"

Lettera 144

"Raramente le anime Lo lasciano dormire tranquillamente in loro"
Manoscritto A 75v

XI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 4,26-34
Cosa fa ostacolo in me perché l’amore di Dio cresca?

Il Regno di Dio cresce dentro di noi!

La Parola di Dio è per noi un tesoro inesauribile ed è spesso fonte di gioia e di consolazione. Essa racchiude una promessa di verità e di fecondità per le nostre vite e quello che esprime lo realizza già nel nostro oggi, se noi glielo permettiamo. Nelle due piccole parabole, narrate da Gesù nel Vangelo di questa domenica, il Regno di Dio viene paragonato ad un seme. Possiamo immaginare il momento della semina: il terreno è pronto, il seminatore getta i semi con grande fiducia e speranza, poi il tempo compie la sua opera e i semi lentamente crescono, si trasformano, portano frutto. Così accade anche per il granello di senape.

Entrambi questi semi hanno una missione. Nella prima parabola, il seme ha la missione di portare un frutto che nutre: il grano. Nella seconda parabola il seme ha la missione di diventare un albero che possa garantire una dimora sicura agli uccelli del cielo. Questi semi, inoltre, hanno entrambi una caratteristica comune: sono piccoli e “nascosti”. Essi possono essere paragonati alla Parola d’amore che Dio rivolge a ciascuno di noi, che Dio semina in noi. Se il “terreno” della nostra anima è pronto ad accogliere la Parola, a farle spazio, permettendole di mettere radici, allora essa cresce, giorno dopo giorno.

Questo processo di crescita avviene per iniziativa di Dio, la Sua Grazia lo prepara, lo accompagna, lo porta a compimento. Santa Teresa fa una rilettura della sua vita e riconosce quanto l’amore di Dio abbia agito in lei. La sua esperienza ci permette di comprendere qualcosa di più profondo riguardo a queste due parabole. Il “terreno” del cuore di Teresa è ben disposto ad accogliere la Grazia, la sua anima è tutta protesa verso Dio e l’unico “seme” che desidera ricevere è il Suo Amore.

Anche noi dobbiamo coltivare queste stesse disposizioni del cuore: esso deve essere aperto, fiducioso e pronto a lasciarsi trasformare da quella Parola d’Amore e di Vita. Il nostro “terreno” non deve fare altro che ricevere questo “seme divino”, perché esso ha una forza e una capacità generativa e vitale senza misura. Santa Teresa racconta che l'amore è diventato in lei un “abisso” del quale essa non riesce a sondare le profondità. L’Amore che riceviamo da Dio ha il “potere” di crescere in noi a tal punto da far sì che diventiamo come l’albero di cui parla il Vangelo. Un luogo, cioè, dove c’è spazio, dove le persone vogliono riposarsi, un rifugio per tutti quelli che hanno bisogno di amore, di essere ascoltati, di condividere dei momenti di amicizia.

Quante sono le persone che ci chiedono ascolto, aiuto, affetto, comprensione, consiglio da parte nostra! A volte, qualcuno ha bisogno soltanto di un momento dedicato solo a lui o a lei La nostra amicizia può essere per loro un “luogo” in cui ristorarsi e recuperare fiducia, prima di riprendere il cammino. Permettere al Regno di Dio di realizzarsi, significa avere una missione: dobbiamo diventare noi stessi, con la nostra vita, “luoghi” di realizzazione di quel Regno. Siamo chiamati, infatti, a diventare per gli altri segno vivente di quell’Amore che abbiamo ricevuto da Dio e che continuiamo a ricevere ogni giorno per donarlo poi, a nostra volta, gratuitamente. Allora, facciamo la nostra parte, fedelmente e silenziosamente, proprio come il seme di cui parla il Vangelo, perché il Regno di Dio cresca, qui ed ora. Il Signore conta su di noi! 

"Tu lo sai, o mio Dio, non ho mai desiderato altro che amarti, non ambisco altra gloria. Il tuo amore mi ha prevenuta fin dall'infanzia,
è cresciuto con me, e ora è un abisso del quale non riesco a sondare la profondità. L'amore attira l'amore, perciò, mio Gesù, il mio si slancia verso di te (...) Per amarti come mi ami tu, devo far mio il tuo stesso amore, solo allora trovo riposo".

Manoscritto C 35r

X DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 3,20-35
Cosa devo fare per scoprire e compiere la volontà di Dio su di me?

Scegliere e amare la Volontà di Dio per me!

Il Vangelo di questa domenica focalizza la nostra attenzione su un momento particolare del ministero di Gesù. Egli si trova in una casa dove si sono radunate molte persone. Gesù annuncia il Regno di Dio, opera guarigioni fisiche e spirituali. L’evangelista racconta che Egli è preso a tal punto dalla Sua missione che Lui e i suoi discepoli non hanno nemmeno il tempo di mangiare. Il suo operato e la Sua parola scandalizzano i suoi familiari, i quali pensano addirittura che Egli sia impazzito, ma scandalizzano anche gli scribi, i quali non credono che Gesù è Dio.

Appare evidente che coloro che per la fede e per la conoscenza del Messia dovrebbero essere i più vicini a Gesù sono, in realtà, i più lontani da Lui. Gli scribi muovono contro di Lui delle accuse di ambiguità a proposito dei Suoi gesti e delle Sue parole. Essi sostengono addirittura che è Satana che guida le Sue azioni. Eppure il bene che Gesù compie, le liberazioni e le guarigioni che Gesù opera rivelano la sua identità di Figlio di Dio, annunciato dal profeta Isaia! Egli genera un cambiamento radicale nella vita delle persone e provoca in esse un’autentica conversione, aprendole alla gioia e alla comunione con gli altri e soprattutto con Dio.

Come si può pensare che Egli operi per mezzo di Satana? È il diavolo che provoca la distruzione e la divisione nei cuori delle persone e nelle loro relazioni con gli altri e con Dio e non Gesù! Quando il nostro sguardo non è limpido anche ciò che vediamo lo cogliamo spesso in modo distorto e non nella verità! Gli scribi guardano ma non comprendono e la stessa cosa accade per i parenti di Gesù. L’evangelista sottolinea che questi ultimi dicevano di Gesù: “È fuori di sé”. È interessante vedere come nel brano evangelico viene sottolineato più volte che questi parenti “stanno fuori” e cercano Gesù.

Essi non entrano nella casa, quello che Gesù compie non vogliono vederlo, non gli interessa. Il loro cuore resta “chiuso”. Lo “stare fuori”, in questo caso, indica una posizione di chiusura davanti al ministero del Figlio di Dio e alla Sua persona. Essi vogliono decidere ciò che Gesù deve o non deve fare. Egli invece li rimprovera indirettamente rivendicando il primato della volontà di Dio nella vita di ciascuno di noi: “Chi fa la volontà di Dio, costui è per me fratello, sorella e madre”.

Santa Teresa medita profondamente su questa pagina evangelica. Ella spiega che come Gesù trova la Sua gioia nel fare la volontà del Padre, così Egli troverà “riposo” e si sentirà “a casa”, nei cuori di coloro che scelgono di vivere anch’essi questa santa Volontà. Se i nostri cuori sono aperti alla volontà di Dio, le nostre vite diventano accoglienti e ricettive verso tutto ciò che il Signore vuole compiere in noi e attraverso di noi. Guardiamo a Maria, la Madre di Gesù, che nella scena che abbiamo analizzato resta in silenzio. Ella ha sempre cercato di mettersi in sintonia nella sua vita con la volontà di Dio e di accettarla.

Maria ama ciò che il Signore vuole e condivide il Suo amore per gli uomini. La nostra Madre Celeste si offre totalmente per la realizzazione del piano di salvezza di Dio per l’umanità. Santa Teresa si lascia guidare da Maria nello scegliere anche lei la volontà di Dio e ne fa un programma di vita: “La perfezione è fare la Sua volontà!”. Quando ormai era vicina all’agonia, la giovane Santa carmelitana, in mezzo alle sofferenze atroci dovute alla tubercolosi, affermava: “Amo quello che Egli fa!”. Questa Santa Volontà, accolta, scelta e amata può trasformare anche i nostri cuori tiepidi in cuori ardenti e le nostre vite in testimonianza autentica e tangibile della potenza dell’amore di Dio per tutti noi. 

“Sì, colui che ama Gesù è tutta la sua famiglia. Egli trova in questo cuore unico, che non ha l’eguale, tutto quello che desidera.
Vi trova il suo Cielo!”
Lettera 130

“La perfezione è fare la Sua volontà!"
Lettera 143

SANTISSIMO CORPO E SANGUE
DI CRISTO

Mc 14, 12-16; 22-26
Come vivo la Celebrazione dell'Eucarestia? Mi offro spiritualmente unendomi al sacrificio di Cristo sull'altare?

Gesù, Ostia Santa, ti adoriamo!

Alla vigilia della sua morte, Gesù si ritrova con i suoi discepoli per celebrare la Pasqua ebraica. Durante la cena, pur seguendo il tradizionale rito che fa memoria del passaggio dalla schiavitù alla libertà del popolo d’Israele, Gesù gli dà un significato completamente nuovo. Per mezzo della Pasqua di Cristo, che si offre in sacrificio attraverso la Sua passione e la Sua crocifissione, l'umanità passa dalla schiavitù del peccato originale alla libertà della Vita in Dio che si compie nella resurrezione.

Attraverso il sacrificio del Figlio, il pane azzimo diventa il Corpo di Cristo e il vino diventa il Sangue del vero Agnello. Il mistero dell’Eucarestia ci supera, è una realtà alla quale possiamo avvicinarci solo per mezzo della fede. I nostri occhi umani non vedono che un pezzetto di pane e un po’ di vino in ogni Messa, tranne quando il Signore si manifesta attraverso i miracoli eucaristici. L’Eucarestia: quale meravigliosa “invenzione” poteva trovare Dio stesso per non lasciare soli i suoi figli! Il Signore decide di essere presente tra noi in un modo nascosto. Egli si fa nutrimento per la nostra vita spirituale e si rende presente in un modo ancora più grande di quello della Sua venuta sulla terra! Egli si fa cibo per sostenere le nostre fatiche nella fede, per fortificare in noi le virtù, per far crescere in noi una vita sempre più vera e conforme a quell’ “immagine e somiglianza” di Dio, che portiamo impressa come un sigillo. Egli si fa cibo per rimanere in noi!

“Attingo vita a questo Focolare Divino”. Possiamo usare queste parole di Santa Teresa per spiegare gli effetti che l’Eucarestia “produce” in noi. E questo avviene non soltanto quando riceviamo Gesù Ostia nella Santa Comunione, ma anche quando contempliamo l’Ostia Santa nell’Adorazione Eucaristica. Noi attingiamo la Vita Divina dall’Eucarestia!
Se il nostro corpo, infatti, necessita del cibo materiale, ancora di più la nostra anima ha bisogno del cibo spirituale per vivere! Non è forse questo che desideriamo? Più o meno consapevolmente, infatti, cerchiamo di ricevere vita dagli avvenimenti che viviamo e dalle persone con le quali ci relazioniamo.

A volte può capitarci di rimanere delusi nello scoprire che stiamo pretendendo troppo da chi in realtà, non può colmare le nostre attese: solo Dio può farlo. Dobbiamo riscoprire il dono infinito dell’Eucarestia. Il Signore viene a colmare con la Sua Grazia tutti i nostri “vuoti”, tutti i nostri momenti di morte, che sono le conseguenze del nostro peccato. Egli viene a saziare il nostro desiderio di pienezza e ci permette di crescere nell’amore e nel dono di noi stessi …
Poco alla volta, Eucarestia dopo Eucarestia, quel Cibo prezioso che è Dio stesso, ci trasforma in Lui! Tutto ciò avviene misteriosamente e gradatamente. La Santa Eucarestia genera in noi una volontà sempre più grande di lasciarci modellare da questo Amore, secondo la nostra capacità di aprire il cuore e secondo la nostra disponibilità alla Sua grazia.

“Ecco il mio Cielo”, dice Santa Teresa, perché comprende e sperimenta la bellezza dell’Unione con Dio attraverso questo meraviglioso Sacramento, che anticipa già la vita celeste. Questo tesoro divino deve insegnarci a vivere in Dio, pur restando pienamente incarnati nelle realtà della terra, ad essere docili allo Spirito Santo per compiere la divina Volontà; questo tesoro divino deve farci riscoprire la gioia intima del portare agli altri l’Amore che contempliamo, di cui ci nutriamo e che ci fa vivere. Inoltre, dobbiamo insegnare agli altri a prendersi il tempo di stare con il Signore, davanti al tabernacolo, ad offrire le loro vite a Dio ad unirsi al Santo Sacrificio di Cristo sull'altare e ad intercedere per salvezza degli uomini e del mondo.

"Il mio Cielo è nascosto nella piccola Ostia dove Gesù, il mio Sposo, si cela per amore. A questo Focolare Divino attingo vita e là il mio Dolce Salvatore mi ascolta notte e giorno: "Oh! Che istante beato
quando, o mio Amato, vieni con tenerezza a trasformarmi in Te
Quest'unione d'amore, quest' ineffabile ebrezza ecco il mio Cielo!"

Poesia 32,3

SANTISSIMA TRINITA'

Mt 28, 16-20
In quali occasioni ho sperimentato
che l’amore che dono agli altri lo
ricevo io stesso dalla Santissima Trinità che vive in me?

O Trinità beata, desidero amarTi e farTi amare!

La Santissima Trinità è il mistero centrale della nostra fede. È il Dio unico e vero, il Dio d’Amore. Egli è Uno e Trino, un solo Dio in tre persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. È un mistero che resta “inafferrabile” per la nostra intelligenza limitata. Eppure, la sfida più grande e attraente per noi è proprio quella di cercare di “entrare” in esso o piuttosto di lasciarci trasformare dalla relazione d’amore con le Persone della Santissima Trinità.

Ogni giorno abbiamo la possibilità di farne esperienza, a volte in maniera consapevole e a volte inconsapevole. Non dobbiamo necessariamente andare lontano in chissà quale pellegrinaggio e nemmeno innalzarci in un’altissima contemplazione per farne esperienza intimamente, perché noi stessi siamo abitati dalla Santissima Trinità fin dal nostro Battesimo. Troppo spesso, tuttavia, accade che ce ne dimentichiamo e conduciamo la nostra esistenza come se fossimo da soli o come se Dio fosse lontanissimo da noi.

La verità è che la Trinità ha preso dimora “nelle nostre anime”, vi si è “nascosta”, per poter essere il motore e la sorgente del nostro amore. Ogni volta, infatti, che le nostre azioni o i nostri pensieri seguono la logica dell’amore, essi nascono dalla presenza di Dio in noi. Ciò si verifica, ad esempio, quando ci segniamo con il Segno della Croce, quando doniamo o riceviamo una benedizione, quando preghiamo, quando ascoltiamo attentamente la Parola di Dio, quando offriamo concretamente gesti di amore autentici verso gli altri, quando perdoniamo di cuore, e ancor di più quando riceviamo i sacramenti …

In tutte queste occasioni, e in tante altre, noi lasciamo che l’Amore della Santissima Trinità passi attraverso la nostra umanità e generi alla Vita nuova, che possiamo ricevere solo da Dio. Scorrendo i diversi scritti di Santa Teresa, comprendiamo fino a che punto la sua vita era quotidianamente trasfigurata dall’Amore trinitario. Santa Teresa aveva compreso che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo desiderano fare meraviglie in noi, quando ci apriamo alla Loro divina presenza. Essi ci invitano e ci spingono sempre di più a donarci con un amore totale e senza riserve. Ella afferma con un paradosso che la Trinità è “prigioniera” del suo amore. Si tratta di un'espressione usata nella teologia spirituale che nasconde una verità importante: la Santissima Trinità desidera l'amore delle creature che siamo noi.

Più amiamo Dio, più ci apriamo e diventiamo ricettivi verso questo Amore e più la Trinità può donarsi a noi senza ostacoli o resistenze da parte nostra. Allora il nostro Dio può agire con potenza e riempirci di stupore! Egli non vuole grandi imprese da parte nostre e nemmeno che siamo persone perfette. Egli desidera dei figli che Lo amino e che vivano una vita colma di Grazia e che sia vissuta nella verità, con Lui e con i propri fratelli e sorelle, in attesa che essi possano vederLo faccia a faccia e conoscerLo in pienezza in Cielo.

Egli desidera che i Suoi figli portino il Suo Amore nel mondo perché sia conosciuto e tutti possano farne esperienza. Come Santa Teresa, dobbiamo riscoprire anche noi la nostra principale missione, in quanto battezzati, ed esprimerla così, insieme a Lei: “O mio Dio, Trinità Beata, desidero amarTi e farTi amare!”.

"O mio Dio, Trinità Beata, io desidero amarTi e farTi amare..."
Preghiera 6

"Vivere d'Amore è custodire Te, Verbo increato, Parola del mio Dio! Ah, tu lo sai, divino Gesù, io Ti amo. Lo Spirito d'Amore m'infiamma col suo fuoco. E' amando Te che io attiro il Padre: il mio debole cuore lo trattiene. O trinità, tu sei Prigioniera del mio Amore! ..."

Poesia 17,2

PENTECOSTE

Gv 15, 26-27; 16, 12-15
Faccio fruttificare l'amore di Dio in me per condividerlo con i miei fratelli e le mie sorelle?

Vieni in noi, Spirito Santo!

In questa domenica celebriamo la solennità della Pentecoste. Durante i cinquanta giorni che sono trascorsi dalla Pasqua siamo stati invitati frequentemente dalla liturgia ad attendere la discesa dello Spirito Santo e ad invocarlo con forza. In questo giorno benedetto facciamo memoria della Sua effusione sui discepoli riuniti in preghiera con Maria nel cenacolo, a Gerusalemme. Vediamo che, da questo evento in poi, i discepoli che prima erano paurosi e dubbiosi, diventano pieni di coraggio. Spinti dallo Spirito Santo, essi cominciano subito ad annunciare la “Buona Notizia” a tutti.

Perché questo evento è così importante per noi? Ciascuno di noi deve diventare amico intimo dello Spirito Santo, perché, come dice Gesù nel Vangelo, Egli è lo Spirito della verità, il paraclito, il difensore. Egli è la terza Persona della Santissima Trinità, procede dal Padre e dal Figlio, come professiamo nel Credo. L’essenza costitutiva di Dio è l’Amore, che si esprime tra il Padre, il Figlio e lo Spirito, nel dono totale di sé, nell’ “essere per l’altro”, nella reciprocità del darsi e riceversi e nel riversare questo stesso Amore sul mondo.

Questa è la “Buona Notizia”, che i discepoli sono chiamati a portare nel mondo: "Dio ci ama di un Amore infinito e non smetterà mai di amarci qualunque cosa accada!". La Pentecoste è un mistero che tocca le nostre vite in un modo tutto particolare. Lo Spirito Santo ci riempie dell’Amore di Dio. Egli ci illumina e accende i nostri cuori con il fuoco dell’amore, che ci è necessario per vivere come figli di Dio. Il Signore ci chiama a vivere del Suo Amore e a diffonderlo a tutti nel mondo. Eppure la nostra capacità di amare noi stessi, gli altri e perfino Dio è così debole, così povera! Una delle cause principali è che il nostro amore umano è spesso incostante e tende ad arrendersi davanti alle difficoltà.

L’Amore vero, invece, quello che viene da Dio, richiede la nostra volontà, una piena apertura di cuore, la nostra disponibilità a una sincera e profonda conversione, non è qualcosa che riusciamo a vivere in modo spontaneo. Santa Teresa ci viene in aiuto attraverso la testimonianza della sua vita. Ella sente il desiderio di portare nel mondo il “Fuoco dell’Amore” di Dio e malgrado ciò sperimenta la debolezza del suo stesso amore. In lei il desiderio è più forte e non si lascia scoraggiare.

Sappiamo che non è necessaria una grande fiamma per diffondere il fuoco, basta una semplice fiammella, come dice Santa Teresa. In ogni circostanza di vita, allora, quando non riusciamo ad amare qualcuno come Dio lo ama, quando rifiutiamo di sacrificarci per un altro perché richiederebbe una capacità di amare e uno sforzo di cui non siamo capaci … non dobbiamo scoraggiarci e tirarci indietro o fuggire. Dobbiamo riconoscere che prima ancora che lo Spirito Santo accenda in noi un grande “fuoco”, Egli, al momento del nostro battesimo, ha già messo in noi i suoi doni, che aspettano soltanto di poter crescere in noi.
Questa “debole fiammella” è la nostra capacità di amare, ricevuta come un dono di Dio, perché ogni amore ha sempre origine in Lui.

Ecco, quindi, una grande verità di fede che viene “consegnata” oggi alla nostra riflessione: occorre che ci lasciamo accendere dall’Amore che Dio vuole riversare nei nostri cuori, come dice la Scrittura. Più gli faremo spazio in noi, più gioiremo per la presenza dell’Ospite Divino, lo Spirito Santo, che abita in noi fin dal nostro Battesimo. La “debole fiammella” sarà capace, per mezzo della forza di Dio, di accendere intorno a sé e in noi un vero incendio!
Invochiamo con forza e desiderio lo Spirito Santo, perché è una necessità e un bisogno vitale, non soltanto oggi, ma ogni giorno, con l’umiltà di chi è consapevole che ogni istante deve ricominciare ad imparare ad amare, aiutato e sostenuto dalla Grazia di Dio.

"Ricordati della dolcissima Fiamma che Tu volevi accendere nei cuori.
Questo Fuoco del Cielo, Tu l'hai messo nella mia anima ed io voglio
diffonderne il calore. Mistero di vita, una debole fiammella, è sufficiente per accendere un immenso incendio. Io desidero, o mio Dio, portare lontano il tuo Fuoco, ricordati".

Poesia 24, 17

ASCENSIONE DEL SIGNORE

Mc 16, 15-20
Come devo fare per spargere intorno a me il "profumo" del Vangelo?

Impegniamoci a spargere profumo di santità!

La solennità dell’Ascensione del Signore, che celebriamo in questa domenica, ci invita a rivolgere il nostro sguardo verso l’alto, verso il Cielo. Gesù Risorto “torna” nel seno della Trinità con il Suo corpo glorificato. Si tratta indubbiamente di un mistero da contemplare nella fede, più che da comprenderlo intellettualmente. Il mistero dell’Ascensione ci rivela il vero senso della nostra vita. Con Cristo che ascende al Cielo, la nostra umanità, pienamente riconciliata con Dio attraverso la morte del Figlio Suo, è chiamata ad essere accolta nel seno del Padre.

Ciascuno di noi è chiamato a decidersi per Dio, orientando a Lui tutta la propria esistenza.
Viviamo le nostre giornate piene di impegni, incontri, cose da fare … Il più delle volte ci affrettiamo come se avessimo paura di perdere chissà quale “treno”! In tutto questo c’è una parte di verità, perché se non stiamo attenti, rischiamo di farci sfuggire l’unico “treno” per il quale vale veramente la pena “correre”: quello con “destinazione paradiso”, come dice una canzone. Forse è il momento di rivedere seriamente le nostre priorità e di concentrarci sulla nostra vera meta. È necessario ricordarci che la nostra ricerca di senso, di bellezza, di pienezza, di verità, troverà risposte solo nella vita in Dio e si compirà pienamente in Cielo, dopo la nostra morte.

Ci pensiamo mai? Riflettiamo mai sul fatto che abbiamo soltanto lo spazio di questa vita che passa per prepararci ad entrare nella vita eterna? Gesù ci ha aperto la strada: Egli è la vera Via ma Egli ci lascia la scelta e la libertà di seguirlo.
Dall’Ascensione in poi, Gesù non accompagna più Gesù fisicamente i suoi discepoli. Essi vivono secondo i suoi insegnamenti, mettendo in pratica quanto hanno appreso da Lui, ma soprattutto annunciando con la loro vita l’Amore di Dio, che il Figlio fatto uomo ci ha rivelato.
Dio continua a realizzare il Suo progetto di salvezza per l’umanità, per mezzo dei discepoli del Cristo. Le guarigioni fisiche e spirituali e tante altre grazie, concesse a coloro che aderiscono alla fede in Gesù, manifestano l’opera di Dio.

Contemplando Gesù che sale al Cielo, Santa Teresa, da fedele discepola Sua, si sente spinta dal desiderio di "seguire le Sue tracce”, come dice lei stessa nei suoi Scritti. Queste “tracce” sono contenute nel Vangelo, dove la vita del Cristo fatto uomo diventa quasi “tangibile”, grazie all’esperienza di coloro che l’hanno incontrato e che da Lui si sono lasciati trasformare profondamente.  La capacità di aprirsi alla Grazia di Dio di Santa Teresa, vera innamorata del Signore, accende in lei i “sensi spirituali”. Ella, cioè, attraverso il Vangelo, contempla i momenti della vita del Cristo come se questi stessero avvenendo sotto i suoi occhi, come Ella fosse presente a questi avvenimenti.

La sua vita nello Spirito le permette, in un certo senso, di percepire i "profumi" che emanano dalla vita di Gesù, come dice lei stessa. Teresa si sente attratta dal “profumo” che emana la vita del Maestro. La missione di ciascuno di noi su questa terra dovrebbe essere portata avanti così, come se fossimo attratti da un profumo bellissimo o da una luce splendida. Le esistenze degli apostoli, quelle dei santi e di tanti cristiani sono trasfigurate dalla “luce” che emana dal Cristo e dalla sua vita “impregnata” di un “profumo” divino, al punto da diventare esse stesse “luce” e “profumo” per gli altri.

A questo punto, vale la pena di riprendere l’analogia della “corsa”, per dire quanto sia importante non perdere tempo in modo futile. Quanto è necessario avere la disposizione del cuore a desiderare il Cielo per noi e per gli altri, al fine di trascinare anche i nostri fratelli e sorelle in questa “corsa” che da’ il vero senso alla nostra vita. Che la nostra vita sia sempre più piena dello Spirito Santo e profumi sempre di più del Vangelo che annunciamo!

"Poiché Gesù è risalito al Cielo, io posso seguirlo solo seguendo le tracce che ha lasciato, ma come sono luminose queste tracce, come sono profumate! Appena getto lo sguardo nel Santo Vangelo, subito respiro i profumi della vita di Gesù e so da che parte correre ... Non é al primo posto, ma all'ultimo che mi slancio ...  "
Manoscritto C 36 v

SESTA DOMENICA DI PASQUA

Gv 15, 9-17
Chiedo allo Spirito Santo la forza di amare i miei amici e i miei fratelli come li ama Lui?

Vi ho chiamato amici!

Attraverso la liturgia della Parola di questa sesta Domenica di Pasqua, il Signore continua a far risuonare nei nostri cuori il Suo appello: "Rimanete nel mio amore". Egli ci invita a prendere dimora in quell’amore che Lo ha portato a vivere la Sua passione fino a morire sulla Croce per amore nostro. La disposizione interiore a donare la nostra vita sull’esempio di Cristo deve diventare per noi una priorità, un “habitus”, uno stile di vita, un segno visibile al mondo che esprima la nostra appartenenza a Cristo. Questo amore è una risposta alla nostra vocazione alla santità. Esso si rivela in una maniera particolare e autentica nei “santi”, i quali vivono questo amore soprannaturale. Essi spendono la loro vita amando Dio e amando i fratelli, nell’umiltà e nell’abbandono a Dio, tenendo sempre lo sguardo fisso sul Cristo e avendo come misura il Suo amore infinito e gratuito verso ciascuno di noi.

I santi sanno di dover ricominciare ad allenare la loro volontà ad amare sempre, giorno dopo giorno, senza mai abbandonarsi allo scoraggiamento davanti alle difficoltà e ai fallimenti che sperimentano. Anche per noi vale la pena scegliere la via dell’amore alla sequela di Cristo e dei Santi. Le ricompense che riceveremo dal Signore sono la Sua gioia e la pace del cuore, che cominciano a realizzarsi in noi già qui sulla terra, ma che raggiungeranno la pienezza nella vita eterna.

Meditando questo brano evangelico, Santa Teresa si accorge di quanto Gesù, il Figlio di Dio, abbia amato i discepoli, nonostante fossero uomini fragili e poveri peccatori. Egli li chiama “amici”! Il Signore ha voluto soffrire e morire per l’umanità intera, al fine di ottenere per noi la salvezza eterna. Santa Teresa comprende, allora, che non sta amando le sue Sorelle come Dio le ama e comincia a desiderare un’unione sempre più forte con Lui, affinché Egli le insegni a dilatare ancora di più il suo cuore.

Questa espressione del vangelo di Giovanni: “Vi ho chiamato amici!”, ci fa percepire tutta la bellezza e la profondità della relazione alla quale il Signore ci invita. Nel silenzio della preghiera, possiamo sentirci chiamare da Lui “amica mia”, “amico mio”. Anche se ci sentiamo indegni del dono di un’“Amicizia” così preziosa, queste parole ci scaldano il cuore. Dobbiamo riconoscere che il Signore ci ama anche quando siamo lontani da Lui, quando Lo stiamo tradendo. Il Suo amore arriva fin nei “luoghi” più bui del nostro cuore, dove nessun altro è mai potuto arrivare e li illumina… Sentiamo e comprendiamo, perciò, la necessità e l’importanza di costruire tutte le nostre relazioni sul Suo Amore che ne è la sorgente e il modello per eccellenza.

L’amicizia e l’amore richiedono da parte nostra una fedeltà che sia capace di arrivare fino in fondo, fino ad amare l’altro proprio nella sua debolezza, così come Dio fa con noi. La posta in gioco è alta, come ci insegna Gesù stesso: è questa la via da intraprendere per entrare e rimanere nella gioia perfetta che è la vita eterna.
Un’ultima osservazione: come può Dio “comandarci” di amare? Si può ottenere amore dando un “comando”? … Non lasciamoci fuorviare dalle parole e proviamo a comprendere quello che Gesù vuole insegnarci. Il “comandamento dell’amore” si potrebbe esprimere così: “Accogliete e imparate l’amore Mio per voi e poi donatevi agli altri gratuitamente, come ho fatto Io”! C’è, allora, davvero un comandamento che, in un certo senso, “mi si impone” ogni giorno, che diviene una necessità e che mi spinge verso ogni fratello e ogni sorella: “io ti devo amare!”.

Non devo amare l’altra persona perché mi piace il suo modo di essere o perché fa quello che voglio io … ma la amo perché mi è stata donata da Dio. Egli la ama e ha dato la vita per questa persona, così come ha fatto per me. Devo fare quello che ha fatto il Maestro, pur sapendo che siamo creature fragili e deboli.
Allora, passo dopo passo, imparo ad accogliere la persona così com’è, come Dio fa con ciascuno di noi. Ogni volta che ci impegniamo ad amare così, stiamo vivendo quel comandamento non come un “obbligo”, ma come un dono, un’opera divina che agisce in noi in modo straordinario: è proprio Lui che ama in noi e attraverso noi. In questo modo, noi realizziamo con Lui la venuta del Suo regno e rispondiamo alla sua chiamata a rimanere nel Suo amore!

"In che modo Gesù ha amato i suoi discepoli e perché li ha amati? Ah, non erano le loro qualità naturali che potevano attirarlo;
c'era tra loro e Lui una distanza infinita! Egli era la scienza,
la Sapienza Eterna, loro erano poveri pescatori ignoranti e pieni di pensieri terreni. Tuttavia Gesù li chiama suoi amici, suoi fratelli,
vuole vederli regnare con Lui nel regno del Padre suo e, per aprire loro questo regno, vuole morire su una croce perché ha detto: "Nessuno ha un amore più grande di questo:
dare la vita per i propri amici".
Manoscritto C 12r

QUINTA DOMENICA DI PASQUA

Gv 15, 1-18
Sono consapevole delle mie fragilità? Conto sull'amore del Signore per crescere e portare molto frutto?

Portiamo frutto solo se siamo uniti a Lui!

Nel Vangelo di questa quinta domenica di Pasqua, Gesù ci rivela il mistero della nostra vita di battezzati. Nel suo discorso ai discepoli, Egli utilizza spesso delle immagini legate alla natura, attraverso le quali possiamo “leggere” la presenza e l’agire di Dio nel mondo. Dice Gesù: “Io sono la vite”. Con il Sacramento del Battesimo siamo stati “innestati” in Cristo: immersi nella Sua morte e resurrezione, anche noi siamo morti al peccato e siamo risorti con Lui alla vita della Grazia. La vita di Dio che abbiamo ricevuto scorre in noi come una linfa e alimenta ogni nostra azione, ogni nostro pensiero …

Purtroppo però, nel corso della nostra vita, possono esserci ostacoli di ogni tipo, noi stessi possiamo diventare talvolta un ostacolo, e allora, la vita divina non circola in noi liberamente. L’invito accorato di Gesù ai Suoi discepoli ci riguarda pienamente: “Rimanete in me e io in voi”. Quest’invito ci fa comprendere che il restare pienamente uniti a Lui è vitale. Egli ci chiede di restare in comunione con Lui per ricevere la Sua Grazia come una sorgente di vita e di non lasciare quest’intimità, quest’unione soprannaturale, senza la quale noi non abbiamo futuro, diventiamo sterili, moriamo!

A pensarci bene, quest’immagine è un po’ paradossale: come potrebbe un tralcio decidere di staccarsi dalla vite, oppure di rifiutarsi di ricevere la linfa vitale? Ecco, allora, per noi l’occasione per riflettere su qualcosa che ci appartiene proprio in quanto esseri umani: la libertà! Siamo come “tralci” che ricevono vita dalla Vite, ma allo stesso tempo siamo liberi anche di rifiutarla. Pensiamo spesso di bastare a noi stessi, pensiamo di poter cercare questa “vita” altrove, ma è soltanto un'illusione! Non dimentichiamo che noi siamo creature e che Dio è il nostro creatore. Qui ci troviamo a vivere ancora un altro paradosso: questa libertà è un dono che l’amore di Dio ci ha offerto, creandoci. L’Amore di Colui che è la “Vite vera” non ci condanna, non ci imprigiona, non ci costringe … ma si offre totalmente per nutrirci, per farci vivere della Sua vita e per farci portare molto frutto.

Con l’analogia della vite e dei tralci parliamo di una relazione che ci “lega” intimamente e profondamente a Dio: è la condizione indispensabile per la nostra vita e ci permette di “portare frutto”. Comprendiamo perciò, che la nostra libertà è prima di tutto libertà di amare Colui che ci ha amato per primo, di affidare tutto a Lui, di dimorare in Lui, di ricevere l’amore di cui Egli è la sorgente, nella consapevolezza che possiamo portare frutto solo in Lui.

Santa Teresa ci insegna a non scoraggiarci per la nostra debolezza o incostanza e a non attendere un solo istante di più per cominciare ad amare Dio. Come lei, infatti, anche noi possiamo dire “O mio Dio, tu sai che per amarti sulla terra non ho che l’oggi!”. Il nostro presente è il momento propizio per crescere nell’unione con il Signore, proprio a partire dal nostro quotidiano. Ogni azione, ogni incontro, ogni pensiero riceverà la preziosa “linfa” dell’Amore da Lui. Non saremo soli ad agire, sarà Lui stesso ad agire in noi e attraverso di noi. Egli renderà feconda ogni circostanza.

Le occasioni della vita nelle quali noi avremo bisogno di essere potati saranno necessarie perché possiamo diventare canali migliori per far passare la “linfa preziosa”.
Nutriti da questo nutrimento divino, noi potremo a nostra volta portare frutto presso coloro che il Signore metterà sul nostro cammino. Il Signore opera meraviglie anche servendosi di strumenti fragili e deboli come noi, a condizione che ci lasciamo trasformare e vivificare dalla forza vitale del Suo Amore.

"La mia vita è un sol attimo, un'ora di passaggio.
La mia vita è solo un giorno che svanisce e fugge. O mio Dio, tu sai che per amarti sulla terra non ho che l'oggi! Degnati, Vite Santa e Sacra che a te m'unisca ed il mio fragile tralcio ti darà il suo frutto: un grappolo dorato potrò, Signore, offrirti già da quest'oggi. Ho solo questo giorno fugace per formarti il grappolo d'amore dove ogni chicco è un'anima. Dammi, Gesù, il fuoco d'un Apostolo,

solo per oggi". 
Poesia 5, 1-9-10

QUARTA DOMENICA DI PASQUA

Gv 10, 11-18
Qual é la missione alla quale il Signore mi chiama e nella quale sono pronto
a donare tutto per Amore?

Cos'è una vocazione?

La quarta Domenica di Pasqua è detta tradizionalmente domenica “del Buon Pastore”. L’antifona alla Comunione della liturgia odierna ci aiuta a comprendere meglio il significato di questa espressione: “È risorto il buon pastore, che ha dato la vita per le sue pecorelle e per il suo gregge è andato incontro alla morte”. Il “Buon Pastore” è il Cristo Risorto. Nel Vangelo di questa domenica, Gesù si autodefinisce, infatti, come il “Buon Pastore”, spiegando così, la sua missione ricevuta dal Padre, con un’immagine facile da comprendere per i suoi uditori, ma anche per noi. Egli è venuto nel mondo per dare la vita per ciascuno di noi; noi siamo il gregge di cui il Padre si prende cura da sempre.

Lungi dall’essere usato in senso dispregiativo, nel brano del Vangelo di Giovanni il termine “gregge” indica tutti i figli di Dio che sanno riconoscere la voce del Pastore che li guida. Tra il pastore e ciascuna “pecora” c’è, infatti, un legame privilegiato, una conoscenza reciproca e personale. Siamo chiamati dal Signore a lasciarci coinvolgere in una missione che ci porta a donare la nostra stessa vita, proprio come fa Gesù, il Buon Pastore. Quando ci impegniamo a vivere pienamente questa relazione fondamentale, nell’ascolto autentico e nella conoscenza profonda con Lui, nasce in noi una consapevolezza. Siamo chiamati a far risplendere il Suo Amore nel mondo, a partire da quei piccoli angoli dell’universo nei quali viviamo.

In questa quarta domenica di Pasqua, la Chiesa celebra anche la Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni. Ma cos’è una vocazione? È la missione personale che Dio ha affidato a ciascuno di noi con una infinita e amorevole fiducia. In risposta al Suo amore tu Gli doni la tua persona e in questo modo tu offri la tua vita per gli altri, ti metti a servizio del Suo progetto, proprio come Gesù ha fatto.
La nostra vita deve essere centrata sull’amore autentico. Quando noi amiamo veramente siamo disposti a dare senza calcolare, siamo disposti anche a “perdere” la nostra vita, perché siamo spinti da un Bene più grande e perché siamo ripagati dalla gioia stessa che si nasconde nel donarsi!

La “Vocazione” è sempre un “essere per gli altri”, amare, donarsi, è avere un “piccolo o grande gregge da amare”! Anche Santa Teresa usa quest’immagine e chiama le novizie che le erano state affidate “agnelline”. Ella era spinta nel suo agire soltanto dall’amore e dal volere unicamente che le novizie vivessero la loro vocazione religiosa in pienezza e fossero felici!

Dalle parole di Santa Teresa, come dalle parole di Gesù, comprendiamo che la vocazione è anche essere responsabile, è sapere che Dio conta su di te, che vuole renderti strumento del Suo Amore e che ti “affida”, in un certo senso, le vite di altri perché tu le conduca a Lui. Egli, infatti, sceglie di servirsi di te per arrivare ai tuoi fratelli e alle tue sorelle in umanità, attraverso la sensibilità, la creatività, i doni, i talenti, le capacità che solo tu possiedi e che Lui ti ha donato. Il segreto per essere fedeli a questa missione preziosa è la fedeltà a quel legame unico che con noi interesseremo con il Buon Pastore.

Il testo greco del Vangelo dice “Bel Pastore”. Non si parla qui di una “bellezza fisica”, ma della verità che riguarda la persona del Figlio, che si rivela come il Pastore bello per eccellenza proprio nel donare la vita. Qualunque sia la nostra vocazione, la forza del nostro “Sì” al progetto di Dio sta proprio nel ritornare continuamente a quella relazione di amore e di conoscenza profonda con il Figlio. Egli è l’Unico che ci insegna ad amare come ci ha amato Lui, a trovare in questo la nostra gioia, la Sua gioia e la gioia dei nostri fratelli e sorelle.

"So bene che le sue agnelline (le novizie) mi trovano severa (...) in fondo, sentono che io le amo di un amore vero, che mai imiterei il mercenario che, nel veder venire il lupo, abbandona il gregge e fugge via. Sono pronta a dare la mia vita per loro".
Manoscritto C 23r/v

"Il Figlio di Dio non è venuto sulla terra per togliere la vita,
ma per darla".
Pie ricreazioni 6, 8v

TERZA DOMENICA DI PASQUA

Lc 24, 35-48
So riconoscere e testimoniare la misericordia di Dio nella mia vita?

L'infinita misericordia di Dio per me!

Il Vangelo di questa terza Domenica di Pasqua ci racconta una delle apparizioni di Gesù dopo la sua resurrezione. Paura, sconvolgimento, turbamento sono tutti sentimenti che toccano il cuore dei discepoli davanti alla resurrezione di Gesù. Questo evento supera la loro comprensione e fanno fatica a credervi. In un certo senso, potremmo dire che “è troppo bello per essere vero”! Eppure Gesù è veramente lì, vivo, con il suo corpo glorioso. I discepoli ne fanno esperienza in una maniera indubitabile, tanto da diventare testimoni e annunziatori della vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte, attraverso l’offerta della Sua vita sulla croce. Il Risorto è entrato nell’eternità, Egli abbraccia la storia dell’umanità e la trasforma per sempre.

Quando Gesù appare ai discepoli, Egli porta i segni della Sua Passione. Quelle ferite sono presenti, anche se ormai non più sanguinanti, perché esse sono la prova concreta e tangibile che Egli è proprio il Messia Crocifisso, il Salvatore veramente risorto.
Dopo aver rassicurato i discepoli con la Sua presenza in mezzo a loro, Egli rivela loro il Suo Corpo glorioso. Il Maestro comincia a spiegare loro: "Così sta scritto ...". Egli tocca i loro cuori ed apre le loro menti al significato profondo delle Scritture. Così aveva fatto anche con i discepoli di Emmaus e così fa con noi tutte le volte che ci lasciamo toccare dai segni della Sua presenza nel nostro quotidiano e dalla Sua Parola contenuta nelle Sacre Scritture.

Questi momenti “cuore a cuore” con il Signore sono per noi, come per i discepoli, le occasioni per “percepire” con una consapevolezza interiore che il Signore è l’Unico che può aiutarci a “leggere” la nostra storia personale, la nostra storia sacra, in modo giusto e nella verità, e permetterci di comprenderne sia i momenti lieti che i passaggi difficili. Forse non sempre e non subito il Signore ci darà la risposta ai nostri “perché”, alle croci che abbiamo portato o portiamo, alle sofferenze di chi vive accanto a noi o alle ingiustizie … ma Egli è con noi e le nostre vite hanno un valore inestimabile per Lui.

Una cosa è certa: il nostro Dio ha uno sguardo di infinita misericordia sulla nostra vita e un amore fatto di innumerevoli attenzioni e delicatezze verso di noi, spesso impercettibili ai nostri occhi. Come ha fatto Santa Teresa, rileggendo la sua vita, anche noi possiamo cantare “le misericordie del Signore” rileggendo la nostra. Tutte le volte che smettiamo di fare la “litania delle lamentazioni” e di ripiegarci su noi stessi, riusciamo a gustare la pace Vera che il Risorto viene a donarci. Egli desidera riappacificarci con la nostra storia, con i nostri errori, con tutto il nostro passato. Il Signore vuole mostrarci che in ogni momento Lui è sempre stato presente, perché tutto volgesse al bene nostro e di tutti. Eppure, spesso non ce ne siamo accorti o addirittura, in alcuni casi, ce la siamo presa con Lui, quando le cose non andavano come noi avevamo immaginato.

Annunciare il Vangelo non è altro che raccontare la Storia Sacra di Dio Trinità e quella dell’umanità, il progetto d’amore di Dio con ciascuno di noi che si compie nel Figlio. Questo annuncio non appartiene soltanto ai discepoli, esso è anche nostro. La storia dell’umanità si compone, di tutte le nostre storie sacre. Il Regno di Dio vive nel mondo a partire dai sentieri di conversione e libertà vera che il Signore stesso apre nelle nostre singole vite. Anche noi dobbiamo condividere lo stesso desiderio missionario di Santa Teresa e diventare annunciatori della gioia del Cristo Risorto e delle meraviglie di Grazia che la sua misericordia ha operato in ciascuno di noi.

"Non farò che una cosa sola: cominciare a cantare quello che devo ripetere in eterno, "Le Misericordie del Signore!!!" 
Manoscritto A 2r

"Vorrei annunciare il Vangelo nelle cinque parti del mondo e fino nelle isole più lontane ... Vorrei essere missionaria non solo per qualche anno, ma vorrei esserlo stata dalla creazione del mondo ed esserlo fino alla consumazione dei secoli ..."
Manoscritto B 3r

SECONDA DOMENICA DI PASQUA

Gv 20, 19-31
Mi fido sempre di Dio anche in mezzo alle prove che sto attraversando?

"Mio Signore e mio Dio!"

Il Cristo Risorto desidera portare la luce in ogni angolo buio delle nostre vite, attraverso la grazia che ha meritato per noi con la Sua passione, morte e resurrezione.
Mentre ascoltiamo il brano evangelico di questa seconda domenica di Pasqua, immaginiamo di entrare nella casa di Gerusalemme dove i discepoli si sono rinchiusi.
I sentimenti che si affollano nei loro cuori sono un misto di tristezza a causa della perdita del Maestro, ma anche di gioia, perché hanno trovato la tomba vuota, segno che Egli possa essere davvero resuscitato. I discepoli vivono anche la paura per il rischio di essere anch’essi catturati o uccisi. È ai loro cuori feriti e turbati che il Signore Risorto viene a donare la Sua pace e a mostrare il Suo corpo. Egli porta i segni evidenti della crocifissione e del colpo di lancia che ha ricevuto al costato.

È proprio Lui, il Cristo che ha vinto la morte, che è risorto e ora dona loro lo Spirito Santo, perché ricevano ogni dono necessario per compiere la missione a cui sono chiamati: quella di annunciare e testimoniare la Buona Notizia. Dio è venuto a salvarci e a stabilire con ciascuno di noi un’alleanza eterna.
L’apostolo Tommaso non era con loro quella sera, e non credeva a quello che gli altri discepoli gli avevano raccontato, anche se l’avrebbe tanto desiderato! Nella Sua misericordia infinita, che si prende cura di ogni creatura come fosse unica al mondo, il Signore Risorto ritorna dai Suoi discepoli. Essi Lo vedono nella Sua gloria e Lo vede finalmente anche Tommaso.

Che stupore e che conforto per lui, ma anche per noi, contemplare Gesù risorto! Infatti, mentre Egli si rivela al discepolo ancora incredulo, pronuncia una beatitudine che è destinata a noi: “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”. Sappiamo bene che la fede esige il "credere senza vedere", altrimenti non sarebbe più fede. Sappiamo anche fino a che punto la fatica e le prove della vita ci danno occasioni per esercitarci in questa virtù che spesso vacilla. Essa richiede sicuramente una grazia da Dio, ma anche un vero abbandono da parte nostra.
La nostra maestra spirituale viene in nostro aiuto a questo proposito.

Santa Teresa
ha conosciuto bene la “notte della fede”, l’ha attraversata abbandonandosi momento per momento e offrendo ciascuna delle sue sofferenze. Ella non ha desiderato che le sue prove cessassero sulla terra ma solo in Cielo.
La “piccola via” che ci conduce alla santità e che ci è proposta da Santa Teresa, consiste, infatti, anche nel desiderare di non avere visioni particolari qui in terra, con la certezza che questa “privazione” sarà pienamente ricompensata dalla visione di Dio e dei Santi in Cielo.
Teresa vive il “credere senza vedere” come una grande prova dell’amore che Ella può offrire a Dio, dal quale si riconosce profondamente amata. Non è forse vero che quando ci fidiamo totalmente di qualcuno gli diciamo: “Ti credo ad occhi chiusi”?

È ovvio che ciò comporta un rischio, ma è proprio il movimento di affidamento all’altro che ci permette di affrontare questo rischio. Quando viviamo le fatiche della fede, nei momenti di dubbio, quando stiamo soffrendo, quando non comprendiamo, ma accettiamo ugualmente la prova che stiamo attraversando, continuando a fidarci dell’Amore di Dio per noi e a credere in Lui, allora stiamo certi che il Signore stesso ci sta dicendo: “Sei beato!”, “Sei beata!”. In Santa Teresa di Lisieux abbiamo un’alleata che comprende ciò che viviamo e che ci mostra quanto una vita vissuta nell’abbandono e nella fiducia valga la pena.
Allora chiudiamo gli occhi del corpo e apriamo quelli della fede e lasciamoci condurre dal Signore, perché è Lui il primo a fidarsi di noi!

"Ricorda che il giorno della tua vittoria Tu ci dicesti: "Chi non ha visto il Figlio di Dio tutto risplendente di gloria è beato, se in Lui comunque ha creduto". Nell'ombra della fede, io ti amo e ti adoro O Gesù!
Per vederti attendo in pace l'aurora. Ricordati che il mio desiderio non è di vederti quaggiù ..." Poesia 24,27

"Voi vi ricorderete che fa parte della mia "piccola via" desiderare di non vedere niente". Ultimi Colloqui 4.6.1

DOMENICA DI RESURREZIONE

Gv 20,1-2;11-18
Cristo Gesù ha vinto la morte per noi!

Viviamo fin da oggi da risorti!

Eccoci giunti alla meta che abbiamo atteso in questo cammino quaresimale: la Pasqua. Se seguiamo il racconto contenuto nei Vangeli dell’esperienza fatta dai discepoli il mattino della Resurrezione, ci accorgiamo che in realtà non siamo arrivati ad una vera e propria meta, ma piuttosto ad un punto di partenza. Vivere la Pasqua vuol dire trovarci immersi ancora una volta nell’esperienza che ha dato e continua a dare il vero senso alla nostra vita ogni giorno. La passione, la morte e la resurrezione di Cristo ci hanno permesso di conoscere attraverso il sacrificio di Gesù il vero Volto dell’Amore di Dio.

Ora, dopo aver attraversato la prova della Croce e della morte con Lui, l’incontro con il Risorto ci permette di vivere di nuovo quella comunione d’amore con Colui che ci chiama continuamente a “risorgere” dai nostri sepolcri, dalle nostre “tenebre” perché possiamo essere a nostra volta canali di vita per gli altri. Fra tutti i protagonisti dei racconti della Resurrezione, Santa Teresa è attratta in modo particolare da Maria Maddalena. Teresa la immagina come l’ultima che resta presso la tomba la sera della morte del Signore. L’evangelista Giovanni ci racconta che ella è la prima ad andarvi al mattino prima dell’alba e a trovarla vuota.

Maria Maddalena era ancora immersa nel dolore per la morte del “suo Signore”. Ne cercava il corpo per potersene prendere cura come era usanza presso gli Ebrei. La sua anima era così avvolta dal dolore per averlo visto soffrire e morire sulla Croce, che i suoi occhi erano incapaci di vedere i segni che attestavano che Gesù era veramente risorto. Inoltre, Maria Maddalena non lo riconosce nemmeno quando è Lui stesso in persona a venirle incontro e a rivolgerle la parola. Ella cercava il suo corpo per continuare a piangere ancora il Suo Maestro, l’unico che l’aveva amata veramente!

Conosciamo tutti l’esperienza del dolore, del lutto, della “perdita di una persona cara” … e tutti abbiamo vissuto momenti di morte, di buio, di angoscia, di fallimento … Attraverso questi momenti abbiamo attraversato o stiamo attraversando in qualche modo un “Venerdì Santo” …
A volte, forse ci fa comodo e ci da anche una certa consolazione per un periodo, il fatto di restare ripiegati su noi stessi, fermi all’esperienza del “Venerdì Santo”. Si tratta di un’illusione, come se stessimo mentendo a noi stessi. Occorre che facciamo un lavoro interiore, dobbiamo chiedere al Signore la forza e la volontà per accogliere la vita nuova che il Signore vuole offrirci, proprio a partire da quella esperienza dolorosa. Questa è una grazia che riceviamo soltanto da Lui.

Cos’è che sveglia Maria Maddalena dal suo dolore concentrato su se stessa e la fa uscire dalla “cecità”? Si sente chiamata per nome in un modo unico e personale, come solo il Maestro sapeva fare! Cos’è che in tante situazioni ci permette di rialzarci, di cominciare una vita nuova? Scoprire che siamo amati e che la voce del Signore chiama noi come figli amati!
Egli ci conosce meglio di noi stessi, come dice la Scrittura. Nel momento stesso in cui ci chiama ci riporta alla Vita, perché Egli è il Dio Vivente. Egli è Colui che ha sconfitto la morte attraverso il dono della Sua Vita, ha spezzato ogni maledizione e ha vinto per noi ogni nostra situazione di morte fisica o spirituale! Se l’esperienza dell’Amore di Dio è così “potente” in noi, cosa aspettiamo a diventare testimoni e canali dello stesso Amore verso i nostri fratelli? E cosa ci impedisce di trasformare le nostre “parole di morte” in “parole di vita”?

In questo tempo di Pasqua, ascoltiamo la Voce di Gesù risorto che ci chiama per nome e viviamo la gioia che ci viene dall’essere amati da Lui! Come Santa Maria Maddalena, annunciamo attraverso la nostra vita che Egli ci ha aperto le porte della Vita Eterna, le porte del paradiso che erano state chiuse per noi dal peccato originale. Viviamo fin da oggi da risorti!

"Al sepolcro santo, Maria Maddalena si sporse in lacrime cercando il suo Gesù. Gli angeli volevano lenire la sua pena ma nulla poteva alleviare il suo dolore. Non eravate voi, luminosi arcangeli, che quell'anima ardente cercava. Ella voleva il Signore degli angeli, prenderlo tra le braccia e portarlo via ...
Presso la tomba era rimasta ultima, ed era poi
giunta avanti l'alba. Venne anche il Suo Dio, ma non luminoso (...)
Prima Egli mostrò il suo Volto Benedetto, poi dal Cuor gli uscì una parola sola: sussurrando dolcemente "Maria", Gesù le restituì
la pace e la letizia piena"
Poesia 23,1-2

DOMENICA DELLE PALME

Mc 15, 25-39
Desidero seguire Gesù fino alla croce per provargli il mio amore o faccio parte di quelli che lo condannano?

Morire d'amore!

Con la celebrazione della domenica delle Palme entriamo nella Settimana della Passione, che ci conduce al cuore di tutta la nostra fede. Attraverso la liturgia, riviviamo gli ultimi giorni della vita di Gesù, che saranno decisivi e drammatici e in particolare il Triduo Santo, in cui celebriamo la Sua passione, morte e resurrezione.

Tuttavia, possiamo correre il rischio di vivere tutto come una serie di “riti” che già conosciamo e di parteciparvi come se ci trovassimo al teatro o al cinema, ma senza entrare in questo grande Mistero che la liturgia ci prepara a celebrare e che deve toccare le nostre vite e trasformarci interiormente. Entrando nella Settimana Santa dobbiamo chiedere al Signore che “apra gli occhi del nostro cuore” perché possiamo vedere e renderci conto quanto il Mistero Pasquale ci appartiene, ci riguarda, ci tocca, ci trasforma ...

Molte volte nel nostro quotidiano ripetiamo la stessa storia dell’abbandono di Gesù da parte dei suoi e del tradimento … Non siamo forse noi i suoi discepoli di oggi? ... Non siamo noi “i suoi più cari amici”? Santa Teresa usava questa espressione a proposito degli Apostoli, ma noi siamo gli “apostoli” di Gesù in questo momento storico; siamo, infatti, “cattolici e praticanti” ...! Forse conosciamo bene il racconto evangelico della Passione del Signore ...ma ce ne siamo persi l’essenza!

Gesù vive l’abbandono da parte dei suoi e la lotta interiore davanti alla morte, ma abbraccia fino in fondo il progetto d’amore che la Santissima Trinità intera opera per la salvezza di noi uomini.
Oggi noi continuiamo ad “abbandonarLo” e a “rinnegarLo”, rifiutando di accogliere la salvezza che Lui è venuto ad offrirci e che può cambiare radicalmente la nostra vita, il nostro modo di vivere la fede. Meditando sullo scorrere delle ultime ore del Figlio di Dio sulla terra, ci sentiamo sconvolti interiormente. Molte domande affiorano alla nostra mente ... Come hanno fatto, coloro che lo hanno condannato ingiustamente, a non accorgersi che stavano sbagliando? Avevano tanto atteso e desiderato il Messia mandato da Dio, ma quando è arrivato non hanno saputo riconoscerLo! Non hanno capito che condannando Gesù, in realtà loro stessi stavano realizzando ciò che le profezie avevano annunciato e che tutto ciò li avrebbe condannati?

Ma perché ci scandalizziamo dell’operato di uomini che sono vissuti 2000 anni fa e non ci scandalizziamo del nostro modo di agire oggi? Eppure, siamo molto avvantaggiati rispetto ai giudei di quel tempo perché a noi è concessa “la grazia del centurione”, quella di poter guardare il Crocifisso, contemplare il Suo Volto, e vedere quanto ci ama, come scrive Santa Teresa a sua sorella Celina.

La società nella quale viviamo continua a mettere da parte la Croce o perfino a disprezzarla e rifiutarla, come se fosse qualcosa che riguarda solo un piccolo gruppo di “cattolici bigotti” e non invece tutti gli uomini dalle origini fino alla fine dei tempi. A chi possono far paura quelle braccia di Gesù spalancate dai chiodi sulla croce? Quale altro “segno”, più di quello della Croce, ci serve per credere che Dio ci ama di un amore infinito? Forse abbiamo paura che quell’Amore ci coinvolga troppo o forse quel dono estremo ci interpella e non ce ne sentiamo all’altezza …! Guardiamolo adesso, oggi, con occhi nuovi, e scopriremo che è solo a partire dal mistero della Croce che possiamo capire quanto siamo amati infinitamente e gratuitamente e possiamo imparare ad amare anche noi a nostra volta!


"Il Verbo di Dio, il Creatore del mondo, dal suo popolo eletto fu condannato. Quest'universo, che il Suo Amore inonda, non Gli donò altro che il disprezzo ... la Croce!..."
Pie ricreazioni 3,18r


"Gesù brucia d'amore per noi. Guarda il Suo Volto adorabile!
Guarda quegli occhi spenti e abbassati! Guarda quelle piaghe! Guarda Gesù nel suo Volto e lì vedrai come ci ama!"

Lettera 87 a Celina

QUINTA DOMENICA
DI QUARESIMA

Gv 12, 20-33
In quali occasioni sperimento la gioia di donare la mia vita per amore?

Produrre molto frutto

Nel vangelo di questa quinta domenica di Quaresima, l’evangelista Giovanni pone davanti ai nostri occhi il desiderio di alcuni Greci che volevano vedere Gesù.
Ci aspetteremmo che il Maestro inizi con loro un dialogo, come ha fatto con altre persone che erano venute ad incontrarlo, come Nicodemo, ad esempio. E invece no, Egli comincia a parlare con parabole ed esempi, riferendosi, attraverso di essi, alla sua morte ormai imminente. Il lungo “monologo” di Gesù lascia intravedere tutto il dramma del turbamento interiore che Egli vive nella sua anima, nell’approssimarsi della svolta decisiva della sua vita: la passione e la Sua morte sulla croce. Tuttavia, la Sua decisione resta ferma nella volontà di proseguire e portare a compimento fino in fondo il progetto di salvezza di Dio Padre per gli uomini. L’espressione “quando sarò innalzato da terra”, fa riferimento, infatti, alla morte in croce che Gesù dovrà subire.
Questo evento sarà il più umiliante della vita del Cristo fatto uomo, ma sarà il momento rivelatore per eccellenza della Sua missione in questo mondo. La croce, che è strumento di morte diventa, grazie al sacrificio di Gesù, “luogo” che genera vita.

Proprio in questa logica, Santa Teresa ci aiuta a leggere la parabola del chicco di grano che deve morire per portare molto frutto. È sorprendente vedere quanto la natura sia fonte di insegnamento sulle le verità più profonde della nostra fede! Se da un lato comprendiamo subito l’immagine del seme che muore nella terra, dall’altro non riusciamo ad associare con altrettanta facilità questa stessa immagine a quanto accade quotidianamente nella nostra vita.
Il chicco di grano lo “vediamo” diventare spiga, ma non “vediamo” i frutti della sofferenza o della morte di una persona. Di conseguenza, ci poniamo mille “perché” davanti alla sofferenza, soprattutto quella degli innocenti e dei piccoli …

Soltanto la luce che viene dalla fede può permetterci di entrare in un mistero così grande e comprendere, come dice Santa Teresa, che “solo la sofferenza può generare le anime”. Se la croce di Cristo è divenuta fonte di vita per tutti noi, grazie alla Sua morte e Resurrezione, anche ogni singola sofferenza ha ricevuto da quella stessa croce il potere di generare vita.
Pensiamo ai martiri, per la cui testimonianza si sono convertite tante persone lontane dalla fede. Pensiamo ai santi la cui sofferenza offerta in unione al sacrificio di Cristo ha fatto e fa tanto bene alla Chiesa e al mondo: conversioni, guarigioni, vocazioni … Pensiamo al sacrificio quotidiano, costante e silenzioso di quanti accettano per amore, nella loro esistenza, la logica del morire a se stessi come il chicco di grano, e offrono se stessi per Dio e per la vita degli altri. Essi non considerano la propria vita come “un tesoro geloso” ma ne fanno dono, proprio come Gesù ha chiesto di fare ai discepoli.

Santa Teresa, nel riflettere sulla propria scelta di consacrazione totale al Signore nella vita di clausura si esprimeva così: “Che gioia! Io sono prescelta fra i grani di frumento puro che per Gesù perdono la vita!”. Se questa offerta di se stessi è fatta per amore, allora è fonte anche di gioia per la persona. Probabilmente non sarà sempre una gioia di natura sensibile, ma potrà essere piuttosto gustata nella profondità del cuore: siamo certi che stiamo compiendo la missione d’amore che ci è stata affidata e che la stiamo portando avanti, anche se ci costa.
La scelta di donare noi stessi, nella sequela del Maestro, ci permette di essere uniti a Lui e ci trasforma gradualmente in Lui. Sta a noi decidere se continuare a coltivare meccanismi di “autoconservazione” per paura di “perdere la nostra vita”, oppure scegliere di essere fecondi e generare vita. 

"Ah, che gioia! Io son prescelta fra i grani di Frumento puro che per Gesù perdono la vita!(...) Mio Amato, vieni a vivere in me!
Vieni! (...) degnati di trasformarmi in Te!"
Poesia 25,8

QUARTA DOMENICA
DI QUARESIMA

Gv 3,14-21
 Quali sono le paure che mi impediscono di aprirmi all'agire di Dio nella mia vita?

La luce della Grazia

La quarta domenica di Quaresima è detta anche domenica “laetare” (dal latino “rallegrati”). Tutta la liturgia di questo giorno, se meditata in profondità, ci permette di cogliere i segni della gioia pasquale che si avvicina e che già pregustiamo nel desiderio. Soffermiamoci allora con lo sguardo sul Vangelo. Gesù e Nicodemo sono coinvolti in un dialogo profondo ed esistenziale che apre gradatamente il fariseo ad accettare e accogliere la rivelazione su chi è Gesù e ciò che Egli è venuto a compiere. È un dialogo in cui il Figlio stesso di Dio racconta a Nicodemo il progetto di salvezza del Padre per gli uomini che ha il suo culmine nella Crocifissione di Gesù, nella Sua morte e resurrezione.

L’amore infinito di Dio per il mondo si manifesta in tutta la sua bellezza e in tutta la sua “follia” nel mistero pasquale. Il Padre, nella sua infinita libertà, sceglie di donarci quanto ha di più prezioso, il Figlio unigenito, per salvarci e restituirci alla gioia. Dio, attraverso il dono della Sua vita ci libera dal potere del peccato. Il Figlio ci apre ad una vita nuova sotto l’azione della Sua grazia e del Suo Spirito. Questo mistero immenso di amore, che soltanto la fede permette di accogliere, rischia tuttavia di essere rifiutato, di cadere nel vuoto e nelle tenebre di chi lo considera qualcosa che non gli appartiene o, peggio, che non gli serve o non lo vuole.

Molti pensano di vivere bene anche mettendo Dio in un angolo.
Molti continuano a condurre la propria esistenza nella convinzione di bastare a se stessi e di non aver bisogno di nessuna Salvezza e di nessun aiuto esteriore. In un certo senso, essi desiderano “vivere nelle tenebre”: ciò significa avere una conoscenza molto limitata della Verità dell’Amore di Dio, un mistero spesso “nascosto” nelle pieghe della nostra storia personale e della storia del mondo. È necessario chiedere la luce della Grazia. Essa è come il sole, che appena trova uno spiraglio di una finestra, fosse anche una piccolissima fessura, entra e comincia a illuminare la stanza! Se poi quell’apertura diventa maggiore, oppure se noi stessi decidiamo di aprire la finestra e spalancarla, allora la luce entrerà immediatamente e illuminerà tutto.

Accade così con l’amore di Dio. La salvezza è come quel sole: sta a noi decidere di farlo entrare nella nostra esistenza oppure no. Siamo chiamati ad aderire personalmente a quel progetto d’amore e a sentire che la passione, la morte e la resurrezione del Figlio sono state vissute “per me, per noi”!
Quando la grazia di questa esperienza tutta personale dell’Amore ci toccherà il cuore, potremo comprendere profondamente quanto siamo amati, senza tuttavia averlo meritato.
A partire da quel momento di luce possiamo decidere se “aprire la finestra” completamente e lasciar entrare quella Luce, oppure, purtroppo, continuare a tenerla chiusa.

Santa Teresa non oppone alcuna resistenza all’amore di Dio, al quale, invece, si apre completamente. Ne sperimenta la potenza liberante e desidera ricambiarLo, pur riconoscendo di non avere meriti da offrire al Signore se non quelli di Gesù stesso: “il mio Salvatore e il mio Sposo”. Così, la Luce divina inonda la vita intera della giovane carmelitana che diventa un’offerta all’Amore quotidiana, vissuta con gioia attimo per attimo, consacrando a Lui ogni battito del suo cuore. È proprio questa la “vita eterna” di cui parla Gesù quando dice: “perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna”. Vivere da “salvati” già adesso, nel nostro oggi, è lasciare che il Signore agisca in noi attraverso la Sua Grazia, perché ci trasformi e ci renda lampade accese della Sua Luce, testimoni gioiosi di un Dio Amore che arde dal desiderio di essere conosciuto e di entrare nella vita di quanti sono disposti ad aprirgli il cuore.

"Mio Dio, poiché mi hai amata fino a darmi il tuo unico Figlio
perché sia il mio Salvatore e il mio Sposo,
i tesori infiniti dei suoi meriti sono miei ed io te li offro con gioia, supplicandoti di non guardarmi che attraverso il Volto di Gesù
e nel suo Cuore ardente di Amore"

(dall'Offerta all'Amore Misericordioso)

TERZA DOMENICA
DI QUARESIMA

Gv 2,15-23
Come accolgo e rispetto la presenza di Dio in me?

Il vero Tempio

Il Vangelo di questa terza Domenica di Quaresima suscita in noi numerosi interrogativi. Se comprendiamo il gesto che Gesù compie nel Tempio di Gerusalemme, come profetico, possiamo comprendere anche perché Egli lo compie e scopriamo cosa significa per noi oggi. Gesù denuncia la sterilità di un culto (quello del popolo ebraico) che ormai non mette più al centro Dio e la Sua Parola, ma il denaro e gli interessi personali. In questo modo, Egli si pone in piena linea con i profeti che denunciavano le mancanze del popolo.

Presso gli Ebrei, il tempio era considerato il luogo sacro per eccellenza: il luogo della presenza di Dio e dell’incontro con Lui. Come aveva fatto a diventare “un mercato”? Gesù, quale Figlio del Padre è profondamente ferito e indignato dall’atteggiamento di coloro che pur si dicevano credenti e custodi della fedeltà al culto. Egli, il Verbo fatto carne, è ormai presenza vivente di Dio fra gli uomini, Egli è il nuovo Tempio, e non può tollerare che quel luogo si continui a chiamare “luogo sacro”, dal momento che Dio non ne è più il centro. La relazione autentica con il Dio vivo e vero non è più lo scopo principale, ma una scusa per occuparsi dei propri affari.

In nessun momento Gesù interrompe mai la sua relazione di amore filiale con il Padre, custodendo il legame costante con Lui attraverso il Suo cuore e nel Suo corpo, che è il nuovo Tempio. In Gesù fatto uomo, morto e risorto, la Trinità tutta viene ad abitare la nostra storia per riscattarla. Siamo creature desiderate, volute, amate da Dio dall’eternità.

Santa Teresa scopre questa verità in tutta la sua bellezza. Per la grazia del Sacramento del Battesimo, ciascuno di noi diventa “tempio vivente” della Trinità.
Chissà quante volte ci siamo dimenticati della Presenza di Dio in noi! Spesso viviamo senza pensarci!... Eppure, il desiderio del Signore è proprio che noi sappiamo che Egli abita in noi e viviamo pienamente la relazione con Lui. In questo modo, la nostra vita di ogni giorno, i nostri incontri e le nostre azioni… saranno piene della Sua Presenza! Purtroppo, spesso, molte altre cose occupano il posto di Dio in noi. Tante volte lasciamo che il nostro cuore diventi “un mercato” … I nostri interessi spadroneggiano sul nostro cuore. Ci rivolgiamo alla preghiera solo per i nostri bisogni personali e spesso arriviamo pure a convincerci che stiamo vivendo bene la nostra vita di fede.

A volte il Signore non dice nulla, attende e lascia che andiamo avanti così finché non ci rendiamo conto da soli di quanto stiamo sbagliando. Altre volte, invece, Egli “alza la Sua voce profetica” dentro di noi e ci supplica di liberare lo “spazio sacro” del nostro cuore. Correndo dietro a tanti attaccamenti inutili, ci perdiamo l’opportunità di vivere la vera Relazione che conta e che racchiude e dà senso a tutto il resto, anche le nostre relazioni con il nostro prossimo!
È a questa Relazione essenziale che dobbiamo tornare, perché la nostra fede non sia “ritualismo”. Il Signore ci aspetta, sta a noi prendere la decisione di renderci disponibili, di “restare liberi” per Lui o di fare del tempio del nostro cuore “un mercato”!

"Gesù son io, il tuo tempio vivente che profanar il mal non può.
Resta nel mio cuore, non è forse esso un'aiuola di cui ogni fiore desidera voltarsi verso di Te?"

Poesia 24,30

"Mio Padre ed Io (Gesù) verremo a visitarlo e facendo del suo cuore la nostra dimora, lo ameremo per sempre! Colmo di pace, vogliamo che egli dimori nel nostro Amore."
Poesia 17,1

SECONDA DOMENICA
DI QUARESIMA

Mc 9,2-10
In che modo le mie esperienze personali con il Signore sul "Tabor" mi hanno fatto crescere? Ne faccio memoria?

La trasfigurazione

La liturgia di questa seconda domenica di Quaresima ci mostra Gesù che chiama in disparte i suoi tre discepoli, Pietro, Giacomo e Giovanni, perché possano vivere un’esperienza unica: vederlo trasfigurato.
Il percorso spirituale dei discepoli di Gesù è molto particolare e unico. Il Maestro è ormai per loro amico e fratello, perché già da tanto tempo condividono con Lui tutto: i giorni, le notti, la preghiera, la fatica della missione, le guarigioni, i miracoli … tuttavia Gesù è prima di tutto il Messia che essi attendevano. Essi lo scoprono attraverso la trasfigurazione. Essi non riescono sempre a comprendere gli annunci di Gesù a proposito di quello che Egli dovrà vivere, soprattutto la sofferenza, la passione, la Croce, la morte … Il solo pensiero di un Messia che è venuto per soffrire e morire contrasta con tutto quello che fin da bambini era stato loro insegnato in seno alla religione ebraica.

Davanti allo splendore della luce divina che trasfigura Gesù, i discepoli non possono che avere ancora una volta una reazione inappropriata, essi hanno una comprensione limitata e superficiale, tanto che Pietro chiede a Gesù di poter restare con Lui sulla montagna per sempre, in quell’intimità profonda, nell’anticipo di ciò che vivremo in Cielo.
Abbiamo già iniziato bene la quaresima, nel “deserto” di questi quaranta giorni, ora, veniamo proiettati in avanti, soltanto per un attimo. Siamo chiamati a fare un salto nel tempo o piuttosto nell’eternità. Come ai discepoli, Gesù si mostra anche a noi in tutto lo splendore della Sua Gloria. Questo squarcio di ciò che vivremo con la Trinità nell’eternità è essenziale. È importante per noi ricevere questa rivelazione attraverso la Parola di Dio, al fine di essere motivati a vivere come discepoli di Gesù, per compiere il nostro cammino sulla terra.

Come avviene nella trasfigurazione, il Signore, per la Sua grazia, illumina dei momenti particolari della nostra vita. In quelle occasioni riusciamo a guardare ciò che stiamo vivendo con gli occhi di Dio e ne percepiamo la bellezza e il senso, anche se non lo comprendiamo ancora pienamente. Queste occasioni durano spesso solo pochi istanti, poi bisogna “scendere dal Tabor” … Che fonte di grazia e di consolazione ci donano questi momenti privilegiati, nel bel mezzo delle nostre fatiche e sofferenze quotidiane!

Non è facile neanche per noi comprendere che la sofferenza e la croce sono un tesoro, come dice Santa Teresa. Chi sta soffrendo “da solo” non potrà mai riuscire a trasfigurare la realtà della propria sofferenza per guardarla con gli occhi della fede, ma la vedrà sempre come un buco nero! Santa Teresa, che ha sofferto tanto nella sua breve vita, ci offre un punto di vista diverso: “Viver d’Amore … è salire invece con Gesù il Calvario, è nella Croce scorgere un tesoro”.
Ecco il segreto: l’amore di Dio ci permette di scoprire che proprio perché Gesù ha vissuto la Passione e la Croce per me, anche io posso scegliere di vivere le mie croci per Lui e con Lui. Esse diventano, così, occasioni di salvezza per me e per gli altri, per tutti! Cambia tutto, perché tutto viene trasfigurato e illuminato, la persona riceve forza nuova e motivazione nuova. Dopo aver gustato “la dolcezza e la consolazione del Tabor”, noi possiamo scendere con Gesù per continuare il cammino verso Gerusalemme, verso la passione, la croce, la morte a noi stessi. Dobbiamo custodire un cuore colmo di gratitudine e fiducia, perché abbiamo sperimentato che le nostre vite sono parte di un mistero meraviglioso e pieno di luce, e che è infinitamente più grande di noi.

"Vivere d'Amore non è mai qui in terra un piantare la tenda
in vetta al Tabor: è salire invece con Gesù il Calvario,
è nella Croce scorgere un tesoro! ..."
(Poesia 17,4)


"Nostro Signore vuol lasciare "le pecore fedeli nel deserto" (...), oppure, se le conduce sul Tabor, è per pochi istanti ..."
(Lettera 142)

PRIMA DOMENICA
DI QUARESIMA

Mc 1, 12-15
Quando sperimento lotte interiori e spirituali, dove attingo la mia forza?

Il combattimento spirituale

Con il mercoledì delle Ceneri siamo entrati nel Tempo liturgico della Quaresima. Quaranta giorni che ci preparano a riscoprire e vivere il mistero centrale della nostra fede: la passione, morte e resurrezione di Nostro Signore: la Pasqua.
Il Vangelo di San Marco, proposto in questa domenica, sintetizza in pochissimi versetti l’esperienza di Gesù. Il Figlio di Dio fatto uomo, dopo aver ricevuto il battesimo, viene spinto dallo Spirito nel deserto, dove viene tentato per quaranta giorni. Nella Sacra Scrittura, il deserto è il luogo della prova, della tentazione, ma è anche il luogo dell’incontro con Dio.

Ogni Quaresima siamo chiamati a combattere i nostri “deserti”: solitudine, depressione, debolezze, malattia, mancanze d’amore, insoddisfazioni, chiusure, paure … Il più delle volte siamo proprio noi all’origine di questi “deserti dell’anima”! Prima eravamo soli a difenderci contro i nostri “demoni”, ma oggi lo Spirito Santo ci spinge a fare alleanza con Lui. Egli è lo Spirito del Figlio, Colui che ha combattuto il tentatore e l’ha vinto.

La metafora del combattimento è utilizzata spesso per la vita spirituale. Ne facciamo esperienza davanti alle nostre scelte quotidiane, anche quelle apparentemente più banali. Ci rendiamo conto, infatti, che siamo in preda a un vero e proprio combattimento interiore. Quando pensiamo di poter vincere con le nostre sole forze, abbiamo già perso in partenza, prima ancora di cominciare a combattere! Il segreto è lasciare agire lo Spirito Santo in noi e per noi!

Santa Teresa aveva provato molte volte e a più riprese a liberarsi con le sue proprie forze dalle proprie debolezze, senza tuttavia riuscirci. Eppure, durante la Messa della Notte di Natale del 1886, accadde in lei qualcosa di nuovo. Teresa si aprì all’azione dello Spirito Santo, come mai aveva fatto prima. Ricevendo l’Eucarestia, sperimentò l’Amore di Dio che si faceva “debole” al punto da abbassarsi fino a lei. In quella notte benedetta, Teresa ricevette “un’armatura nuova”: quella di Dio stesso! Ella comprese che solo con la forza di Dio avrebbe potuto vincere ogni combattimento! Alla fine della sua vita ella si rese conto di quanto le prove interiori ed esteriori che aveva vissuto avessero contribuito alla sua crescita spirituale e umana, tanto da paragonarsi a un “fiorellino fortificato da un temporale”. La fiducia in Dio ha fatto di lei questo “fiorellino forte,” nella sicurezza che il Signore provvedeva a lei in ogni momento, anche quando non sperimentava la Sua presenza in modo visibile o sensibile.
E noi, che siamo chiamati ad entrare nei “deserti” della nostra debolezza, delle nostre fragilità, invochiamo lo Spirito Santo e accostiamoci il più possibile ai Sacramenti, con un cuore aperto e disponibile alla Grazia!
Non pretendiamo di affrontare da soli le nostre battaglie, ma invochiamo l’aiuto di Dio ogni istante. Facciamo appello alla Sua Parola! Nella liturgia quotidiana possiamo trovare un nutrimento concreto e appropriato per poter vincere tutte le nostre battaglie! Le nostre prove possono essere durissime da vivere, ma se le viviamo con Dio ne usciremo vincitori … e diverremo più forti!
La prova della tentazione nel deserto che Gesù vive gli rivela le ostilità e le fatiche che dovrà affrontare legate all’annuncio del Regno e alla Sua missione. Essa ci mostra che Gesù ha vinto per noi le differenti tentazioni del diavolo aiutato dalla forza dello Spirito e dalla Parola del Padre e ha testimoniato l’Amore di Dio fra gli uomini fino alla Croce.
Accogliamo questa Quaresima come un tempo di Grazia, un tempo straordinario che ci aiuti a vivere meglio l’ordinario di ogni giorno. Possiamo dire anche noi come santa Teresa: “La mia anima è maturata nelle prove esteriori ed interiori” … anche in me si realizzano le parole del Salmo 22 “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla!”. 

"La mia anima è maturata nel crogiuolo delle prove esteriori ed interiori; adesso, come il fiore fortificato dal temporale rialzo la testa e vedo che in me si realizzano le parole del Salmo 22: Il Signore è il mio pastore, non mancherò di nulla”.
(Manoscritto A 3r)

Tempo Ordinario

Un tesoro nascosto
Seconda domenica del Tempo Ordinario

Quali sono i momenti della mia vita in cui ho incontrato il Signore?

Il tempo è compiuto
Terza domenica del Tempo Ordinario

Sono pronto a scoprire e seguire
la volontà del Signore
per la mia vita?

La Parola ci libera
Quarta domenica del Tempo Ordinario

Mi lascio imprigionare dalla parole umane o mi lascio toccare dalla Parola di Dio che mi rende libero?

La tenerezza di Dio
Quinta domenica del Tempo Ordinario

Quali sono i momenti della mia vita in cui mi sono sentito toccare dalla tenerezza infinita di Dio?

La guarigione dell'anima
Sesta domenica del Tempo Ordinario

Qual è la guarigione che il Signore deve operare in me, affinché io diventa discepolo/a di Cristo?

SESTA DOMENICA
DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 1, 40-45
Qual è la guarigione che il Signore deve operare in me, affinché io divenga discepolo/a di Cristo?

La guarigione dell'anima

Il lebbroso di cui ci parla il Vangelo di questa domenica, suscita subito la nostra compassione. Non gli è attribuito nemmeno un nome in questo brano del Vangelo. La malattia occupa uno spazio così invadente nella sua vita che arriva perfino a “contagiare” la sua identità, fino a sminuirla: egli infatti viene identificato come “il lebbroso” o “l’impuro”. Le leggi del popolo d’Israele erano molto chiare in merito: chi era colpito dalla lebbra era condannato alla solitudine, all’isolamento, a non avere più alcuna relazione sociale. Davanti alla supplica insistente del lebbroso, Gesù si commuove profondamente … lo osserva, si avvicina a lui, lo tocca e poi lo guarisce … L’uomo malato fa appello alla volontà di Gesù, egli sa che non può uscire da solo da quella malattia, ma che se Gesù vuole, può guarirlo: “Se vuoi, puoi purificarmi!”.

Anche se la guarigione del corpo sembra centrale in questo racconto, tuttavia essa invita a una guarigione più profonda, quella dell’anima. Gesù desidera guarire la persona nella totalità del suo essere. Questo è ciò che provoca un’emozione profonda per Gesù: Egli vuole guarire ogni uomo senza eccezione!
Spesso usiamo espressioni come: “Sia fatta la volontà di Dio”, oppure, “Se Dio vuole!”, ma non ci rendiamo conto realmente delle parole che pronunciamo né di ciò che chiediamo al Signore. A causa della nostra visione “limitata” sulla realtà, in quanto creature, rischiamo di vivere male gli avvenimenti e di pregare in modo sbagliato. Gesù guarda a ciò che viviamo nel corso della nostra esistenza in tutta la sua globalità. Egli sa che tutte le nostre domande, dalle più superficiali alle più importanti, corrispondono ad un anelito molto più profondo, del quale non sempre siamo consapevoli. È quell’anelito alla felicità piena che il Signore vuole risvegliare in noi ed esaudire. Solo nella comunione profonda con Dio esso può trovare il suo pieno compimento.

È per questo che il Figlio è venuto nel mondo, per ristabilire, attraverso il sacrificio di se stesso, quella comunione spezzata dal peccato dell’uomo. C’è una lebbra spirituale più terribile di quella fisica, è la lebbra del peccato. Il peccato ha il potere di renderci malati, fisicamente e spiritualmente, di escluderci dalla comunione con Dio e con gli altri. La guarigione ci viene offerta dal Signore continuamente, attraverso i sacramenti, in particolare quello della Riconciliazione e dell’Eucarestia, ma anche attraverso la preghiera. La sola cosa necessaria è che noi la desideriamo con tutto il cuore!

Durante i suoi 24 anni trascorsi sulla terra, Santa Teresa ha compreso la necessità di un grande abbandono alla volontà di Dio e ha cercato di viverlo pienamente. Negli ultimi mesi della sua vita, diceva di non voler scegliere altro che la volontà di Dio, accogliendo con amore le sofferenze atroci causate dalla tubercolosi. “Volere la volontà di Dio” può sembrare “una cosa da santi” … Se, tuttavia, abbiamo compreso che Dio conosce i nostri desideri più profondi e vuole realizzare il meglio per noi, perché non dovremmo prendere la decisione di fare la Sua volontà? Può sembrarci un gioco di parole, ma non è così … Proviamo anche noi a dire al Signore con tutto noi stessi: “Se vuoi, puoi guarirmi! … Egli non potrà che risponderci: “Certo che lo voglio! Voglio che tutto il tuo essere e ciò che ti ha ferito nella tua vita sia completamente guarito!” 


"L'unica cosa che mi rende contenta è di fare la volontà del buon Dio"
 Ultimi Colloqui QG 29.8.2

"Ricorda (Gesù) che la tua volontà santa è il mio riposo, la mia unica gioia. Mi abbandono e mi addormento senza paura nelle tue braccia, o mio Divino Salvatore"
Poesia 24,32

QUINTA DOMENICA
DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 1, 29-39

Quali sono i momenti della mia vita in cui mi sono sentito toccare dalla tenerezza infinita di Dio?

La tenerezza di Dio

Dalla descrizione che ci viene fatta in questo brano del Vangelo di Marco, la malattia della suocera di Pietro non sembra essere qualcosa di grave. In ogni caso, essa la costringe a restare a letto. Di conseguenza, la donna non può svolgere i suoi compiti: l’accoglienza, l’ospitalità, il servizio nei confronti di Gesù e degli apostoli che erano con Lui. La febbre la blocca, la paralizza, la allontana dalla sua missione. Questo lo comprendiamo bene dall’espressione che, nel racconto, segue immediatamente la sua guarigione: “ed ella li serviva”. Dopo essere stata guarita, la donna torna a svolgere il suo servizio e si dedica pienamente con cura e amore alla missione che le è stata affidata. Forse quella febbre non riguarda solamente il corpo, ma anche lo spirito e quindi l’intera vita della persona.

Osserviamo più da vicino l’esperienza che ha vissuto Santa Teresa all’età di 9 anni. I traumi dell’infanzia l’avevano segnata profondamente al punto da farla “cadere” in una malattia nervosa alla quale sembrava che nessuno sapesse trovare una cura. La bambina non viveva più, era chiusa su se stessa. Quando viveva le sue crisi, restava continuamente a letto. La forza della preghiera e l’intercessione da parte di tutta la sua famiglia le hanno procurato la guarigione e le hanno permesso di tornare a provare la gioia di vivere, come afferma lei stessa: “il fiorellino stava rinascendo alla vita”. Se fosse stata lasciata a se stessa forse non sarebbe mai uscita da sola da quella condizione. Vediamo, invece, quanto è stata importante l’intercessione della sua famiglia che le stava continuamente accanto, donandole le cure necessarie e offrendole il sostegno della preghiera!

Nella vicenda di Santa Teresa possiamo vedere un tratto in comune con il racconto della guarigione della suocera di San Pietro. Nelle due situazioni, i familiari parlano subito a Gesù delle malate. Gesù ascolta la richiesta delle persone, interviene e opera la guarigione compiendo gesti di una grande prossimità e delicatezza. Riguardo alla sua guarigione, Santa Teresa si rende conto di essere guarita nel momento in cui “vede” che la statua della Vergine Maria accanto al suo letto “le sorride”. Non sappiamo esattamente cosa Santa Teresa “abbia visto”, ma dalle sue parole comprendiamo che ella è guarita quando il suo cuore ha percepito che la Vergine Maria le dimostrava il suo amore di Madre con infinita tenerezza. La tenerezza è il “linguaggio” utilizzato spesso da Gesù per avvicinarsi a chi soffre nel corpo e nello spirito. La tenerezza è un linguaggio che dobbiamo imparare da Lui. Egli potrebbe scegliere di entrare con forza nelle nostre vite, un po' come ha fatto con la conversione di San Paolo, ma, invece, sceglie spesso di avvicinarsi e prenderci delicatamente per mano. In tante situazioni ciò che ci guarisce è il saperci amati pienamente da Lui.

È necessario che facciamo l’esperienza personale dello sguardo di Dio che si china su di noi e si prende cura delle nostre malattie e infermità, piccole o grandi che siano. La guarigione del corpo è importante ma non essenziale. Quello che conta veramente per essere guariti è che l’Amore di Dio tocchi il nostro cuore, come soltanto Lui può fare, con una delicatezza infinita. Solo dopo aver sperimentato la potenza di quell’Amore saremo in grado di cominciare a vivere in maniera più intensa e più vera. 

"Un giorno vidi papà entrare nella camera di Maria, dove io ero coricata; dandole parecchie monete d'oro, con un'espressione di grande tristezza, le disse di scrivere a Parigi e di far dire delle Messe alla Madonna delle Vittorie (...) Occorreva un miracolo per guarirmi e fu la Madonna delle Vittorie che lo fece"(Manoscritto A 29v)

"Allora tutte le mie sofferenze svanirono (...) Sì, il fiorellino stava rinascendo alla vita". (Manoscritto A 30v)

QUARTA DOMENICA
DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 1, 21-28

Mi lascio imprigionare dalle parole umane o mi lascio
toccare dalla Parola di Dio
che mi rende libero?

La Parola di Gesù ci libera

Il Vangelo di questa domenica è ambientato nella sinagoga di Cafarnao, dove Gesù si era recato di sabato, secondo le consuetudini del popolo ebraico. L’evangelista Marco ci mostra in maniera evidente che Gesù non è un uomo qualunque o un maestro qualunque. La Sua persona genera in un primo momento delle reazioni piene di stupore in coloro che ascoltano la Sua Parola, perché Egli parla “come uno che ha autorità”. Tale stupore si trasforma in timore davanti all’esorcismo che Gesù compie, liberando un uomo posseduto da uno spirito impuro.
Quella Parola che Gesù pronuncia con autorità testimonia, attraverso l’esorcismo, che Egli è il Figlio di Dio, perché soltanto Dio può scacciare i demoni. Le persone non lo conoscono e non comprendono come sia possibile quella guarigione.
La Parola di Gesù ha il potere di portare la luce e la vita divina in tutte le situazioni di oscurità provocate dal peccato e dalla lontananza da Dio.

Lampada ai nostri passi è la Sua Parola, come dice il Salmo 118. Siamo chiamati a custodirla in noi fino a farla nostra, fino a farla penetrare nel nostro cuore e nella nostra anima così da lasciarci trasformare e illuminare dalla luce della Grazia di Dio. La Parola, dice Santa Teresa, è Gesù stesso, il Verbo di Dio Padre: custodire Lui è “l’unica condizione della nostra felicità”. Egli è Colui che, attraverso la Sacra Scrittura, insegna a noi con autorità e ci indica la via da seguire ogni giorno. Attraverso questo ascolto quotidiano e profondo della Parola, comprendiamo quali passi dobbiamo compiere per permettere al Signore di scacciare le tenebre che soffocano la nostra vita interiore e le nostre relazioni. Queste tenebre che ci bloccano, ci impediscono di vivere pienamente da veri figli di Dio.

Dobbiamo smettere di dare fiducia alle mille parole vuote che ascoltiamo e che, spesso lasciamo risuonare nella nostra mente. Se gli diamo credito, a poco a poco, queste ci imprigionano e ci chiudono nei condizionamenti, nelle paure. Esse ci feriscono e ci fanno ripiegare su noi stessi.

La Parola di Dio è l’unica che ha autorità sulla nostra vita e che ci rende davvero liberi, ci cambia, fa di noi persone nuove e ci permette di “correre sulla via dell’amore”, come diceva Santa Teresa. Non ci stanchiamo mai di ricominciare tutte le volte che ci rendiamo conto di esserci allontanati da Dio. Accogliamo il Signore con gioia nella nostra vita e saremo testimoni delle meraviglie che Egli opererà in noi e per mezzo di noi. 

"Custodire la parola di Gesù ecco l’unica condizione
della nostra felicità, la prova del nostro amore per Lui.
Ma che cos’è questa parola? ... Mi sembra che la parola di Gesù sia Lui stesso ... Lui, Gesù. il Verbo, la Parola di Dio! ..."

Lettera 163

TERZA DOMENICA
DEL TEMPO ORDINARIO

Mc 1, 14-20

Sono pronto a scoprire e seguire la volontà del Signore
per la mia vita?

Il tempo è compiuto!

L’invito centrale da parte del Signore, nel Vangelo di questa domenica è: “convertitevi!”
Gesù comincia la Sua predicazione e si rivolge a chiunque voglia seguirLo, esigendo un cambiamento fondamentale e radicale: cambiare il proprio sguardo su se stessi e sulla propria vita, smetterla di ripiegarci sui nostri sbagli, sulle nostre insoddisfazioni, sulle nostre false attese o sulle nostre comodità.
Spesso ci illudiamo di essere noi a guidare la nostra vita. Il più delle volte, siamo convinti che siamo noi, con le nostre sole forze, a superare i problemi, le difficoltà, a riuscire a raggiungere nuovi traguardi, sapendo cosa è meglio per noi.

Il Vangelo di oggi ci sveglia: “Il tempo è compiuto”, dice Gesù agli uomini e alle donne del Suo tempo, così come lo dice anche a noi, che viviamo nel nostro tempo. È urgente accorgerci che è il Signore che guida la nostra vita, è Lui che conosce ogni nostro desiderio ogni errore, ogni peccato. È Dio che conosce cosa è meglio per noi in ogni momento e desidera che siamo felici nel realizzare la missione che ha preparato per noi da tutta l’eternità.
Non c’è tempo da perdere, “il tempo è compiuto”, dice Gesù. Questo significa che se, con l’aiuto di Dio, accoglieremo una sincera conversione, la Grazia porterà in noi un cambiamento di vita radicale che ci permetterà di essere aperti e disponibili a quanto Egli vorrà operare in noi e attraverso di noi.

Santa Teresa racconta a tal proposito un’esperienza fondamentale della sua vita: la Grazia del Natale del 1886. Ella ci spiega come il Signore l’abbia guidata verso il momento decisivo della propria conversione. Dio interviene nella vita di Teresa quindicenne, immediatamente il suo cuore cambia e Teresa si converte completamente. La giovane era abituata ancora a comportarsi in famiglia come una bambina viziata, a causa dei grossi traumi vissuti nell’infanzia. Dopo aver ricevuto Gesù Eucarestia nella Messa della notte di Natale del 1886, abbandona l’infantilismo nel quale viveva e smette di essere “bloccata” su se stessa e sui propri bisogni. Teresa si accorge e sperimenta profondamente che il Signore la chiama ad uscire da sé per donarsi agli altri. Ella sente che è giunto il momento di aderire completamente alla volontà di Dio e decide di aprire il proprio cuore per lasciarLo agire in lei. Da quel momento in poi ella fu piena di gioia, perché comprese che il Signore voleva fare di lei un “pescatore d’anime”, come i primi discepoli. La preghiera e il sacrificio divennero le sue “armi” principali per ottenere dal Signore la conversione di tanti peccatori, il primo di questi fu un grande criminale, che era stato condannato a morte per omicidio.

Come vediamo dall’esempio dei santi, il Signore desidera e ha la possibilità di trasformare le nostre vite. Egli vuole renderle molto più belle e piene di quanto noi potremmo mai fare se pure realizzassimo i nostri progetti e i nostri sogni La grazia della conversione è contemporaneamente opera di Dio e opera nostra, infatti, la nostra volontà deve tendere a conformarsi alla Sua nell’abbandono e nella fiducia.
Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni erano semplicemente dei pescatori, ma il Signore li ha resi dei grandi santi, degli apostoli ed è avvenuto così anche per la piccola Teresa.
Non perdiamo tempo, lasciamoci convertire dal Signore, come hanno fatto questi grandi testimoni della fede, affinché Egli ci renda liberi interiormente e felici di offrire le nostre vite per amore, al servizio del Suo Regno. 

"Fu il 25 dicembre 1886 che ricevetti la grazia di uscire dall’infanzia, in una parola la grazia della mia completa conversione (…) In quella notte di luce cominciò il terzo periodo della mia vita, il più bello di tutti, il più colmo di grazie del Cielo (…) Gesù fece di me un pescatore d’anime; sentii un grande desiderio di lavorare alla conversione dei peccatori,
desiderio che non avevo mai sentito così vivamente.
In una parola, sentii la carità entrarmi nel cuore, il bisogno di dimenticarmi per far piacere e da allora fui felice!"

(Manoscritto A 45r 45v)

SECONDA DOMENICA
DEL TEMPO ORDINARIO

Gv 1,35-42

Quali sono i momenti della
mia vita in cui ho incontrato
il Signore?

Un tesoro nascosto

Il Vangelo di questa domenica è ricco di incontri significativi e decisivi per la vita e la fede di ciascuno dei personaggi. I protagonisti sono degli ebrei, giovani o meno giovani, che hanno iniziato un cammino di discepolato per prepararsi alla venuta del Messia. L’attesa cresce sempre di più nel loro cuore, fino a quando la loro guida, Giovanni il Battista, indica loro che il Messia tanto aspettato da tutto il popolo di Israele è Gesù di Nazaret. L’incontro fondamentale intorno al quale ruotano tutti gli altri è proprio quello con Gesù. L’evangelista Giovanni è attento ai minimi dettagli, ai gesti e agli sguardi. Egli ci permette di immaginare la scena, quasi come se fossimo presenti ad essa. Quell’incontro lascia un segno indelebile nel cuore dei discepoli e segna lo spartiacque tra il prima e il dopo nella loro vita. Da allora in poi, tutto cambia: Gesù li invita ed essi decidono di seguirLo e di rimanere con Lui. Essi acquistano la consapevolezza interiore che hanno davvero trovato Colui che cercavano.

In una lettera a sua sorella Celina, Santa Teresa le dice che Gesù è un tesoro nascosto, un bene inestimabile che pochi sanno trovare perché il mondo corre facilmente dietro a tutto ciò che brilla. Per poter trovare questo “tesoro nascosto” e prezioso, occorre cercarlo nel quotidiano delle nostre giornate, recandoci fisicamente e spiritualmente lì dove Egli dimora e rimanendo con Lui, come hanno fatto i discepoli. Troviamo Gesù, il Cristo, nel silenzio e nel cuore a cuore dell’Adorazione Eucaristica e nella Parola di Dio di ogni giorno, che ci parla di Lui e che ci insegna a conoscerLo e ad amarLo.

Scopriamo la Sua presenza nei Sacramenti e ancora di più nella Celebrazione Eucaristica, nella quale siamo chiamati ad unirci, con quello che siamo, all’offerta stessa di Cristo sull’altare. Troviamo Gesù nei fratelli e nelle sorelle che il Signore mette sulla nostra strada, soprattutto quelli che hanno più bisogno di noi… Impariamo dalla nostra Maestra spirituale, che amava il Signore e desiderava vivere “cuore a cuore” la sua relazione con Lui. Ella voleva conoscerLo, amarLo sempre di più e farLo amare. C’è un dettaglio molto particolare nel Vangelo di oggi: l’ora, le quattro del pomeriggio.  

Chiunque ha vissuto un incontro vero e profondo con il Signore, tale da cambiargli la vita, ricorderà sicuramente dettagli che altrimenti non ricorderebbe. Il Signore ci cerca lì dove siamo, nel contesto storico che viviamo, nella precisa situazione di vita che stiamo attraversando in questo momento. Egli non cerca di attirare la nostra attenzione con tecniche pubblicitarie accattivanti oppure promettendoci successo, onori e ricchezze. Il Signore tocca il nostro cuore nel profondo della nostra ricerca di senso più autentica. Egli si nasconde, come direbbe Santa Teresa, perché lo cerchiamo con più ardore e cresciamo in questo cammino di ricerca. Il Signore si lascia trovare, ricompensando grandemente tutta la fatica dell’attesa o, ancora di più, venendo Lui stesso a cercare noi. Il nostro Dio, l’unico Dio è un Dio che si mette sui passi dell’uomo, prima ancora che l’uomo comprenda e ascolti sinceramente dentro di sé il bisogno che ha della relazione con Lui. Nel nostro “oggi”, mentre ci presentiamo a Lui con tutte le domande che portiamo nel cuore, come hanno fatto i due discepoli nel Vangelo, Egli ci invita: “Venite e vedrete!”. 

"Gesù è un tesoro nascosto, un bene inestimabile che poche anime sanno trovare perché è nascosto e il mondo ama ciò che brilla.
Ah, se Gesù avesse voluto mostrarsi a tutte le anime con i suoi doni ineffabili, senza dubbio non ce ne sarebbe una sola che l’avrebbe rifiutato; ma Egli non vuole che lo amiamo per i suoi doni, è Lui stesso che deve essere la nostra ricompensa!"
Lettera 145

Tempo di Avvento

Vegliate!
Prima domenica di Avvento

Come comprendo e metto in pratica nella mia vita la domanda del Signore di vegliare?

Preparate
la via
Seconda domenica di Avvento

In che modo mi impegno a fare posto nella mia vita per accogliere il Signore?

Rallegratevi!
Terza domenica di Avvento

Sono pronto a lasciarmi usare dal Signore perché Egli possa dipingere di gioia la mia vita e quella di coloro che incontro sul mio cammino?

Ave Maria!
Quarta domenica di Avvento

Come posso imparare ad essere servo,
ad essere serva
come Maria?


"Custodire la parola di Gesù, ecco l'unica condizione della nostra felicità, la prova del nostro amore per Lui. Ma che cos'è dunque questa parola? ... Mi sembra che la parola di Gesù è Lui stesso ... Lui Gesù, il Verbo, la Parola di Dio!"
(Lettera 167)


QUARTA DOMENICA
DI AVVENTO

Lc 1, 26-38

Come posso imparare ad essere servo, ad essere serva
come Maria?

Ave Maria!

Nel nostro linguaggio corrente, la parola “servo/serva” ha un suono dispregiativo. Colui o colei che viene chiamato così è generalmente una persona che è costretta a fare lavori umilianti o che si trova in situazioni di sottomissione, di subordinazione a un’autorità, o nelle quali non ha altra scelta. Nel racconto del brano evangelico che la liturgia ci offre in questa domenica è Maria stessa che si definisce “serva del Signore”. Quante volte ci facciamo pienamente disponibili e siamo pronti a qualunque cosa per le persone che amiamo? Pensiamo a una mamma che si prende cura dei suoi figli, a una moglie e un marito che “si servono” a vicenda nella semplicità del quotidiano, a degli amici che si mettono a disposizione l’uno dell’altro gratuitamente e in ogni necessità …. Quanti tipi di “servizio” viviamo verso le persone che amiamo? E nessuno potrà dirci “sei il servo (o la serva) di quella persona se quel “servizio” lo facciamo per amore.

Riguardo a Maria, il suo essere “serva” è ancora di più. È come se Maria dicesse “Signore, mi hai voluta nel Tuo progetto di amore, non so come farai a realizzarlo concretamente, ma a questo ci pensi Tu, io ti dico che ci sto. Eccomi, sono al Tuo servizio completamente e senza riserve e farò tutta la mia parte perché mi fido di Te!”. E Teresa comprende che questo mettersi al servizio di Dio da parte di Maria è completamente gratuito e carico di amore e disponibilità, proprio perché è radicato in una vita che si è costruita così, come servizio d’amore, e che rapisce e affascina il cuore di Dio stesso!

Alla profonda umiltà si unisce, così, in lei, la profonda consapevolezza di avere una missione da compiere, ma anche una gioia autentica. E Maria, pienamente “padrona” del proprio destino, decide di spenderlo imparando a servire … perché ha capito che la posta in gioco è alta. Dio agisce così, non impone mai, non costringe, non pretende la nostra parte, ma se lo ascoltiamo ci racconta i suoi progetti e ci dice: “Ti conosco e ho pensato che potresti aiutarmi, lo vuoi?”….

“T’amo, Maria, quando ti chiami serva
del Dio che tu conquisti con la tua umiltà.
Questa virtù nascosta ti rende onnipotente
e attira nel tuo cuore la Santa Trinità.
Ecco, lo Spirito d’Amore ti copre della sua ombra
e il Figlio uguale al Padre s’incarna in te …”

(Poesia 54, 4) 

TERZA DOMENICA
DI AVVENTO

Mc 1, 1-8

In che modo mi impegno a fare posto nella mia vita
per accogliere il Signore?

Rallegratevi!

La terza domenica di Avvento è chiamata domenica “gaudete”. Nella liturgia di questo giorno, nell’antifona d’ingresso della Celebrazione Eucaristica, risuona l’invito alla gioia: “Rallegratevi sempre nel Signore, ve lo ripeto: rallegratevi, il Signore è vicino! (Fil 4,4.5)”. Deve essere questo il motivo della nostra gioia: il nostro Salvatore è vicino.
Avvicinandoci a quello che vivremo nella celebrazione del Natale, siamo chiamati a ravvivare in noi il desiderio e la gioia di ricevere in Gesù la salvezza e la vita nuova, che Egli è venuto a portarci.

Nel Vangelo di oggi, il grande profeta Giovanni il Battista, si presenta a tutti con la consapevolezza della propria piccolezza e della infinita grandezza di Dio. La sua vita autentica e vera, fatta di un amore sincero per il Signore e per la missione che Egli gli ha affidato, lo pone in quella condizione di umiltà che permette a Dio di compiere meraviglie attraverso la sua vita. Il Signore, infatti, fa di lui un “testimone della luce”, la “voce” che annuncia il Verbo di Dio che si fa carne.

I santi amano e scelgono naturalmente il cammino dell’umiltà. Santa Teresa riconosce la propria piccolezza e povertà, come San Giovanni Battista. Ella è consapevole di essere null’altro che un piccolo strumento nelle mani del “Divino Artista” delle anime. Colui che dipinge è il Signore, servendosi di lei come farebbe un artista con un piccolissimo pennello. Santa Teresa sa che l’Artista sceglie, talvolta, anche strumenti deboli o difettosi, ma se ne serve perfettamente, occupandosi di dipingere attraverso di essi i più piccoli dettagli. L’essere amata e scelta dal Signore è motivo di grande gioia per la nostra carmelitana.

La profonda unione con Dio che Giovanni Battista e Teresa vivono apre al Signore la strada per venire e trasformare radicalmente le loro vite. Egli ha trovato in loro dei cuori ardenti, pronti ad accoglierLo e a donarsi interamente a Lui.

“In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete”.
Queste parole di Giovanni il Battista nel Vangelo di oggi sono vere. Spesso noi non ci accorgiamo della presenza del Signore nella nostra vita e non sappiamo ascoltare la Sua voce, perché non Lo conosciamo così come Egli è; spesso la nostra percezione di Dio è falsa. Oggi, perciò, attraverso le parole del Battista, siamo invitati ad aprire i nostri occhi, con la grazia dello Spirito Santo, e a renderci disponibili a tutto ciò che il Signore vuole compiere nella nostra vita. Egli desidera portarci ad un amore autentico per Lui e per i nostri fratelli e sorelle e vuole donarci la gioia profonda, che scaturisce da una vita salvata e completamente trasformata dalla Grazia.

Nelle litanie lauretane, invochiamo Maria come “Fonte della nostra gioia”, infatti, all’annuncio dell’Angelo, Maria accolse il sé il Salvatore del mondo, ed è per mezzo di lei che il Signore ha voluto inviarci Suo Figlio. Nel grembo di Maria e in quello di Elisabetta sussultarono di gioia i due bambini, Giovanni il Battista e Gesù. Oggi anche noi siamo pieni di gioia, perché sappiamo che siamo figli in Gesù di questa Madre che si prende cura di noi ogni istante della nostra vita. Vergine Maria, madre nostra, fonte di ogni vera gioia, preparaci a ricevere e accogliere in noi Gesù, il nostro Signore e Salvatore, perché possa trasformarci in testimoni della Sua luce e della Sua gioia.

“Se la tela dipinta da un artista potesse pensare e parlare, certamente non si lamenterebbe di essere continuamente toccata e ritoccata da un pennello (...) saprebbe che non è affatto al pennello ma all’artista che lo guida che essa deve la bellezza di cui è ricoperta. Il pennello dal canto suo non potrebbe gloriarsi del capolavoro che ha fatto: sa che gli artisti non sono impacciati, che se ne ridono delle difficoltà, si compiacciono di scegliere talvolta strumenti deboli e difettosi”
(Manoscritto C 20 r)

SECONDA DOMENICA
DI AVVENTO

Mc 1, 1-8

In che modo mi impegno a fare posto nella mia vita
per accogliere il Signore?

Preparate la via!

Il primo invito che il Signore ci ha rivolto all’inizio del tempo dell’Avvento è stato quello ad attenderlo con un cuore vigilante. Oggi, nella seconda domenica di Avvento, siamo invitati a far sì che questa attesa prenda forma in una maniera sempre più concreta nella nostra vita.
Chi stiamo aspettando?

Siamo bravi a prepararci esteriormente attraverso luci, presepi, regali, concerti, tombolate … Tutto questo è importante, ma rischia di distrarci dall’essenziale. Rischiamo che l’occasione di questo Tempo di grazia passi e noi restiamo imprigionati nello spirito del mondo, chiusi nel “deserto” del nostro “io” e di tutto ciò che può allontanarci da Dio. Il Vangelo di oggi, invece, ci chiama ad aprire il nostro cuore per ascoltare la voce del messaggero che invita ciascuno a preparare la strada al Signore che viene.

Aprirci significa accettare e riconoscere di essere creature fragili, ma avere la consapevolezza di essere infinitamente amati da Dio. Preparare una strada al Signore significa entrare in un cammino di abbandono, essendo profondamente convinti che non possiamo fare nulla con le nostre proprie forze, ma abbiamo bisogno di Lui.

Una delle consorelle di Santa Teresa ricorda con quanta delicatezza ella la invitava a impegnarsi nel vivere la “piccola via” della santità e della fiducia. Santa Teresa le spiegava come a volte somigliamo a quei bambini piccoli che non sanno ancora salire le scale, ma che provano continuamente ad alzare il piedino per raggiungere il primo scalino, senza tuttavia ottenere risultati. I nostri ripetuti fallimenti e la nostra capacità di ricadere sempre negli stessi peccati non devono scoraggiarci. La nostra lotta nell’essere costanti e coerenti con la nostra fede, deve farci sentire come quel bambino ai piedi della scala. Egli, dopo aver fatto tutti gli sforzi che erano nelle sue possibilità, attende che il padre venga a prenderlo e gli faccia salire la scala.

Nella nostra vita spirituale, l’iniziativa è sempre del Signore. È Lui che ci offre le occasioni per crescere nell’amore e, quando vede la nostra buona volontà e un impegno reale, è ancora Lui che viene a soccorrerci per condurci lì dove da soli non potremmo arrivare.
In questo tempo di Avvento non dobbiamo perdere l’occasione di intraprendere la strada sicura dell’umiltà. Non c’è deserto che il Signore non possa attraversare per venire al nostro soccorso. Se ci faremo trovare da Lui con il cuore aperto, Egli verrà a realizzare nella nostra vita i cambiamenti necessari e ad operare la conversione di cui abbiamo tanto bisogno, per ridiventare “nuove creature” e accogliere in noi la buona notizia del Vangelo, che è Gesù stesso venuto tra noi a salvarci con il sacrificio della croce.

Nel battesimo siamo diventati figli di Dio. Un modo per perdere questa dignità è quello di commettere il peccato e rifiutare l’amore divino che ci è offerto gratuitamente. Nel preparare il nostro cuore al Signore che viene, ricordiamo questo: Egli è il Dio-salvatore che viene a prenderci ai piedi di quella scala, Egli è colui che ha attraversato con la sua croce tutti i deserti del mondo per salvarci. Egli è il Figlio di Dio, il Risorto, il Vivente, fatto uomo per noi. È Lui che attendiamo! Maranathà, vieni Signore Gesù! 

“Sorella, voi mi fate pensare al bambino piccolo che comincia a stare in piedi, ma non sa ancora camminare. Volendo a tutti i costi arrivare alla sommità di una scalinata per ritrovare la sua mamma, egli alza il suo piccolo piedino per salire il primo gradino. Sforzo inutile!
Ricade sempre senza poter salire.
Ecco, siate questo bambino piccolo(...)
Presto, vinto dai vostri sforzi inutili,
il buon Dio scenderà lui stesso e, prendendovi nelle sue braccia,
vi porterà per sempre nel suo regno".
(Consigli e Ricordi)

PRIMA DOMENICA
DI AVVENTO

Mc 13,33-37

Come comprendo e metto in pratica nella mia vita la domanda del Signore di vegliare?

Vegliate!

Entriamo nel Tempo di Avvento per vivere il cammino che la liturgia ci fa compiere, preparandoci con gioia e disponibilità a celebrare con il Natale del Signore, il mistero della Sua incarnazione del Signore, uno dei punti essenziali della nostra fede.
Il vangelo di questa prima domenica segna l’inizio del percorso delle quattro settimane, attraverso un primo invito da parte di Gesù: “Fate attenzione, vegliate...”.

La parabola che Gesù racconta ai suoi discepoli parla di un padrone che è partito e che ha lasciato a ciascuno dei suoi servi un compito. Il padrone è Dio stesso, i servi siamo noi. Il Signore chiede a ciascuno di noi uno stile di vita attento, di essere svegli e disponibili.
Egli desidera che la nostra fede modelli il nostro pensare, il nostro agire, le nostre relazioni.
Viviamo in una società sempre più consumistica, che dà importanza all’apparenza ed è poco attenta all’essenziale. Proprio qui, attraverso le nostre esistenze, siamo chiamati ad essere attenti e svegli, cioè a mettere Dio al centro delle nostre vite.

La celebrazione dell’Incarnazione del Signore ci invita a riflettere e contemplare l’infinito amore di Dio per noi, Suoi figli. Dio ha preso la nostra umanità per salvarci. Siamo chiamati certamente a prepararci alla celebrazione del 25 dicembre ma, attraverso di essa, il Signore ci invita a compiere un cammino ben più profondo ed essenziale.
“Fate attenzione, vegliate ... perché non sapete…”

Santa Teresa medita profondamente queste parole e comprende che il Signore chiama ciascuno di noi ad un rapporto che ci permette di essere veramente uniti a Lui.
Il Tempo dell’Avvento e la Solennità del Natale ci invitano a preparare i nostri cuori per accoglierlo con gioia nel quotidiano della nostra vita e a prepararci così in vista della Sua “venuta finale”, che sarà al momento della nostra morte.

La “casa” che il Signore ci ha affidato è la nostra stessa vita, nell’interazione con quelle dei nostri fratelli e sorelle in umanità. Egli ci ha dato il compito di prenderci cura di noi stessi e degli altri, con attenzione, delicatezza, restando vigilanti per comprendere quello che il Signore ci ispira. Questa “casa” è il “luogo” che Dio ha scelto come Sua dimora, questa “casa” gli appartiene.
Siamo invitati a prendercene cura e a rispettarla. A tal proposito, santa Teresa dice di essere diventata una vera e propria “sentinella” per se stessa e per le consorelle che erano state affidate alla sua guida. L’essere sempre più unita al Signore le dava lo sguardo limpido e lungimirante che è proprio delle sentinelle che vegliavano sulle fortezze. Santa Teresa riconosce le venute del Signore e gli attacchi del “nemico”, vi si prepara e prepara le sue consorelle.

È importante che approfittiamo di questo tempo di grazia che ci offre l’Avvento per chiedere al Signore di farci crescere nell’intimità con Lui. Impariamo a frequentarLo quotidianamente nella preghiera e nell’Eucarestia, ad amare i momenti privilegiati del nostro quotidiano alla Sua presenza. Lasciamo che la Sua Parola illumini le nostre giornate. Facciamoci trovare pronti e disponibili tutte le volte che Egli verrà a bussare alla porta del nostro cuore, chiedendoci, attraverso i nostri fratelli e sorelle, accoglienza, ascolto, comprensione, attenzione… AttendiamoLo come figli amati che desiderano ardentemente la Sua venuta! Maranathà, vieni, Signore Gesù! 

"Fortunatamente per le mie Sorelle, da quando ho preso posto tra le braccia di Gesù, sono come la sentinella che osserva il nemico dalla torretta più alta di una roccaforte. Niente sfugge ai miei occhi; spesso sono meravigliata di vederci così chiaro ...”
(Manoscritto C 23r)

 "Appena do un'occhiata al Santo Vangelo, subito respiro i profumi della vita di Gesù
e so da che parte correre..."

Santa Teresa di Gesù Bambino del Volto Santo

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